Evasione e deficit, la risposta dopo il voto

ITALIA. Il vice ministro del Mef Maurizio Leo, l’esperto fiscale di Giorgia Meloni e di FdI, candidato a sostituire Giancarlo Giorgetti alla guida del ministero in caso di rimpasto governativo post elezioni, ha firmato lo stop al decreto che rispolverava il vecchio e odiato (dalla destra) redditometro.

È stata la Meloni in persona ad imporglielo bloccando il passo falso del vice ministro che, a due settimane dal voto per le Europee, ha presentato un provvedimento che ha dato a tutti l’impressione di rimettere in pista proprio l’odiato strumento che consente al Fisco di accertare se ci sia equilibrio tra quanto guadagniamo e quanto spendiamo (per verificare se la differenza sia dovuta ad evasione fiscale). Un meccanismo contro cui i partiti di centrodestra, quando sono stati all’opposizione hanno sempre condotto durissime battaglie e quando sono stati al governo lo hanno sostanzialmente abbandonato nel dimenticatoio. Leo ha cercato di spiegare le sue buone ragioni, ha detto che nel tempo si era creato un vuoto normativo che andava tutto a scapito proprio dei contribuenti perché paradossalmente lasciava all’Agenzia delle Entrate un potere pressoché assoluto di controllare ogni piccolo movimento del conto corrente e non solo. Lui magari si illudeva di essere elogiato, e invece. Ma siccome in politica la comunicazione è tutto, come già spiegava il fratello di Cicerone nel suo celebre manuale, per il candidato elettorale, è apparso a chiunque che proprio il governo di centrodestra stava rimettendo nelle mani dell’Agenzia una fiocina appuntatissima. Altro che «fisco amico del cittadino».

E così, dopo le veementi proteste di Tajani e Salvini, entrambi timorosi di dover pagare un prezzo elettorale per una «colpa» non loro e nemmeno del loro partito, è stata Meloni in persona a dire stop: ha convocato a Palazzo Chigi Maurizio Leo, peraltro suo fedelissimo nel partito, e gli ha imposto il dietrofront, ossia un decreto che blocca l’applicazione dello strumento normativo fino alla sua definitiva riforma. «Noi non siamo il Grande Fratello - ha spiegato la presidente del Consiglio in un video social - vogliamo combattere la grande evasione di chi va in vacanza con lo yacht ma dichiara poche migliaia di euro, ma non intendiamo colpire il cittadino perbene e le famiglie con strumenti vessatori».

C’è però un aspetto poco colto nella vicenda. Leo, come Giorgetti, sa benissimo che dopo le elezioni di giugno la Commissione europea aprirà una procedura di infrazione a carico dell’Italia per deficit eccessivo: come è noto nel 2023 abbiamo segnato un catastrofico 7,4% contro il limite stabilito del 3: più del doppio. La procedura impedisce di finanziare in deficit le misure delle prossime leggi di Bilancio che oltretutto saranno gravate dalle regole del «nuovo» Patto di stabilità che si abbattono come un maglio sul nostro debito pubblico (l’altro giorno siamo stati rimproverati anche dal Fondo monetario).

Ci sarà dunque il problema di come finanziare alcuni misure-cartello che sono un po’ il distintivo del centrodestra: la riduzione delle aliquote Irpef, la diminuzione del cuneo fiscale, ecc. Stiamo parlando di una montagna che varia tra i 20 e i 30 miliardi. Dove andarli a trovare? È probabile che un decreto come quello dell’incauto Leo, peraltro approvato nel più rigoroso silenzio senza il minimo battage di stampa, avesse proprio lo scopo di recuperare qualche soldo dall’evasione fiscale. I cosiddetti furbetti, a causa dei quali il peso fiscale è in grandissima parte sulle spalle dei dipendenti e dei pensionati, potrebbero contribuire alla ricerca di denaro fresco da parte del Tesoro. Ma di sicuro non glielo si può chiedere proprio in campagna elettorale.

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