Fase 2, la distanza
Parola d’ordine

Nella prima fase dell’emergenza coronavirus, la parola d’ordine per i cittadini spaesati e terrorizzati dall’epidemia in circolazione ovunque, era «state a casa». Un monito delle istituzioni, un invito che compariva sui social e su cartelli colorati opera di persone in vena di una sorta di educazione civica. Il bilancio si può dire positivo: i bergamaschi nella quasi totalità hanno rispettato l’ordine. Vuoi perché impauriti dal conteggio dei morti e dei contagiati in drammatica crescita quotidiana, vuoi per senso del dovere, le strade sono rimaste pressoché vuote di passanti e di auto, rispetto alle presenze dei tempi ordinari. Lo dicono anche i numeri dei controlli delle forze dell’ordine: venerdì scorso, primo maggio, era una giornata di festa che si prestava agli sgarri.

E invece su 3.257 persone fermate, solo 68 sono state sanzionate perché non in regola con i permessi di spostamento, 5 invece quelle denunciate. Su 1.001 negozi controllati, soltanto uno ha violato il divieto di apertura. Numeri che sono in linea con quelli dei quasi due mesi precedenti.

In assenza di un vaccino curativo del Covid-19, il «lockdown» si è dimostrato una «medicina» efficace, abbattendo le possibilità e quindi il numero dei contagi. Rispetto a quello che si è visto in altre città, con vie e piazze popolate – a Roma ma anche a Genova – i bergamaschi meritano un plauso: hanno superato la prova. Nella democrazia più grande del mondo, gli Stati Uniti, lo stop alle uscite di casa ha generato un’insofferenza diffusa, fino a sfociare in proteste e manifestazioni pubbliche di contrarietà, in alcuni casi addirittura con i cittadini armati. E il presidente Donald Trump non ha fatto nulla per nascondere la propria contrarietà al provvedimento consigliato dagli scienziati.

Da domani parte la «Fase due», che sarà contrassegnata dall’invito alla distanza, per essere più precisi al «distanziamento sociale». Le decisioni del Governo e della Regione non sono un implicito «liberi tutti», ma consentono uscite finora negate e legate all’apertura di alcuni esercizi commerciali, all’attività sportiva all’aperto e alle visite a congiunti, parola equivoca che andava specificata meglio (il Capo dello Stato Sergio Mattarella non a caso ha invitato il Governo a emanare decreti più chiari).

La distanza almeno di un metro è posizione che caratterizzerà anche i mesi a venire ed è una prova non scontata. Già nella prima fase capitava di andare a far la spesa al supermercato, mettersi in coda separati e poi ritrovarsi persone molto vicine tra gli scaffali. Ancora una volta invece siamo chiamati a una responsabilità personale: la distanza ha lo stesso obiettivo preventivo dei contagi dello stare a casa, il nostro prossimo può essere una persona asintomatica e quindi capace di trasmettere il coronavirus. Il metro di allontanamento non è una condizione difficile da mantenere, ma certo potrà capitare di non rispettarla perché sopra pensiero o perché legati alle vecchie abitudini. La capienza degli autobus ad esempio sarà ridotta al 25% ma potrebbe succedere di trovarsi a contatto con un passeggero all’ingresso o all’uscita del mezzo. Insomma, dovremo imparare il «distanziamento sociale».

Fa impressione pensare quanto il virus abbiamo cambiato le nostre vite in poco tempo, le abbia rallentate e irregimentate. Rese più sole, mentre l’uomo per natura è un animale sociale. Veniamo da un lungo periodo di isolamento (dal 10 marzo scorso), dai parenti, dagli amici e dal prossimo in generale. E le norme cosa ci chiedono? Distanza dalle persone. Una contraddizione necessaria ma che blocca il riscatto dopo settimane private di contatti fisici, strette di mano e pacche sulle spalle. Pur nordici e descritti come freddi, siamo però un popolo latino e caloroso (sotto la cenere…), nella regione più densamente abitata d’Italia.

Ma il Covid non si è limitato a imporre questi cambiamenti: ha già ridisegnato le città. I vicoli di New York sono diventati riserva per i pedoni e a senso unico, a Parigi alcuni boulevard sono stati trasformati in piste ciclabili e a Vilnius (capitale della Lettonia) la ristorazione è possibile solo all’aperto. Novità arriveranno a breve anche in Italia. Dove da domani chi potrà uscire di casa dovrà rispettare la distanza.

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