Fontana bis e governo, un rapporto senza alibi

Italia. Liste d’attesa, privatizzazione (definita «strisciante») della sanità, infrastrutture, mobilità, lavoro, casa e Trenord. Nel giorno del debutto del Fontana bis è stato lo sfidante del centrosinistra Pierfrancesco Majorino a dettare l’agenda delle priorità dei prossimi cinque anni di governo della maggioranza a Palazzo Lombardia. Fermo restando che sono gli stessi temi sui quali la sua coalizione è uscita sminuzzata dalle urne, il che qualche riflessione dovrebbe farla aprire. Non superficiale o di maniera.

Tornando alla nuova Giunta regionale, piatto forte di giornata, è indubbio che molti dei temi indicati dalle opposizioni siano delle patate bollenti sul tavolo di Fontana e dei suoi assessori. Dal punto di vista meramente politico c’è però poco da aggiungere: la Lombardia vota centrodestra in Regione dal 1995 senza sosta, praticamente nessuno ha mai davvero insidiato qualsivoglia candidato messo lì dalla coalizione e non si vedono alternative all’orizzonte, nonostante l’astensionismo monstre. Il che vuol dire 5 anni sulla carta abbastanza tranquilli (politicamente) per Fontana, con in più un Governo amico: a Palazzo Chigi dovrebbero quindi parlare la stessa lingua di Palazzo Lombardia.

Sul fronte interno, Fratelli d’Italia dopo aver fatto il pieno alle urne guida saldamente la Giunta con 7 assessori su 16. Ma attenzione, i rapporti di forza non sono così netti a favore dei meloniani (che qualche tensioncina interna ce l’hanno...) come i numeri potrebbero far pensare: vero che gli assessori leghisti sono 5, ma ben 4 uscenti, così come il Presidente del Consiglio regionale passato in Giunta. E chi conosce le complesse vicende (e i consolidati equilibri di potere difficili da scardinare) degli uffici regionali sa bene che sia fondamentale sapere come e dove muoversi: in tal senso la pattuglia leghista è decisamente più «scafata» di quella seppure più numerosa di FdI. E in più c’è anche Fontana nel mazzo del Carroccio.

Sul fronte delle deleghe non c’è stato il più volte ventilato scorporo tra Sanità e Welfare: in sede di trattative evidentemente Fontana è riuscito a convincere gli alleati che la riconferma di Guido Bertolaso, da lui fortemente voluta, era da spalmare su tutti e non solo sulla lista del presidente. Che diversamente non avrebbe ottenuto un altro assessore. Sarà interessante capire se Bertolaso che ha avuto sempre un profilo interventista (una sorta di mister Wolf, per capirci, uno che risolve i problemi) dimostrerà analoghe capacità di tipo programmatorio e di visione, fondamentali per un assessorato come il suo. Ed è probabilmente la sfida più delicata del Fontana bis: rimettere mano a quello che non è funzionato prima e durante la pandemia.

Rispetto alle prime voci è stata saggiamente introdotta una specifica delega alla Cultura: sarebbe stato paradossale il contrario. Al di là di Bergamo e Brescia 2023, che ha comunque un orizzonte a tempo, la cultura non può essere considerata una parente povera della ricca e produttiva Lombardia. Lo scorporo tra infrastrutture e trasporti si può invece leggere in due modi: un’attenzione più specifica al tema dei pendolari oppure un certo qual desiderio da parte di FdI di dire la propria sulle prossime nomine delle società a partecipazione regionale.

Il tema è esplosivo (come quello della Casa), le risposte complesse e stavolta quelle che devono arrivare da Roma sono di uguale colore politico. Nell’attesa delle prime mosse della nuova Giunta Fontana una cosa è abbastanza certa: ora non ci sono più alibi. Il centrodestra ha in mano sia il governo nazionale che quello regionale, se le riposte non arriveranno le responsabilità non potranno essere cercate altrove.

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