Giravolte politiche, le riforme rinviate

Italia. Ci accorgeremo solo strada facendo di quali importanti cambiamenti ha apportato il voto del 25 settembre. Quest’ultimo ha installato il primo governo politico dopo un decennio di esecutivi di emergenza o di tecnici. Ha rivoluzionato in un colpo solo l’assetto insieme del centrodestra e del centrosinistra.

Ha segnato l’avvento al potere della destra postfascista, quella destra che per 75 anni è stata confinata in un ghetto e che nel migliore dei casi è riuscita a fungere, nemmeno da junior partner, ma da vera e propria stampella di governi Dc (in particolare di quelli di Zoli e di Tambroni sul finire degli anni Cinquanta). Ha sgretolato a sinistra il ruolo egemone detenuto da sempre dai partiti dell’area socialista, e per di più a favore dell’ultimo venuto, il M5S, una formazione senza storia e senza stellette. E ancora: ha fatto prendere corpo al fantasma che si aggirava da un trentennio nella politica italiana senza mai riuscire a materializzarsi: il centro politico, ora interpretato dal Terzo Polo di Calenda e Renzi.

Dagli schieramenti ai programmi. Altre novità. Non s’è mai vista un’opposizione - FdI - che, passata ai banchi del governo, rediga una legge di bilancio in linea con quella del precedente premier (Draghi) prima aspramente combattuto: una legge di bilancio attenta appunto ai vincoli di bilancio nonchè rispettosa delle indicazioni venute da Bruxelles. Non s’è mai visto nemmeno, simmetricamente, un partito di maggioranza - il Pd - che bocci dall’opposizione l’impostazione finanziaria strenuamente difesa quando era in maggioranza. Come a dire che entrambi i poli di destra e di sinistra, giunti al governo carichi di promesse, confessino il loro bluff e si arrendano alla legge del rigore finanziario rinviando a giorni migliori il tempo delle riforme su cui avevano scommesso tutti se stessi.

Cambiamenti chiamano cambiamenti. Non è passato un mese dall’insediamento di Meloni che si annuncia la possibilità minacciosa di un altro cambiamento di notevole portata. Non è detto che si realizzi, ma lo scompiglio che sta creando la semplice minaccia dà la misura del mutamento di scenario politico seguito al voto del 25 settembre. Parliamo dell’eventualità che in occasione delle elezioni lombarde di febbraio un candidato, Letizia Moratti, terzo rispetto ai quelli proposti da destra e sinistra metta in scacco entrambi nella regione più popolosa, più ricca, più dinamica d’Italia. I due poli temono a ragione l’eventuale successo del candidato del Terzo Polo, perché ne seguirebbe un vero terremoto anche degli equilibri politici nazionali.

A destra, la perdita della Lombardia da parte della Lega costituirebbe il colpo d’ariete definitivo per la leadership di Salvini, già erosa dalla serie di rovesci elettorali e politici subiti. A sinistra, la contrapposizione interna al Pd delle sue due anime - per usare una terminologia del socialismo delle origini - di riformisti e massimalisti si farebbe insostenibile, facendo ventilare lo spettro di una scissione. Né destra né sinistra sarebbero più in grado di esprimere un governo. Lo scettro del potere passerebbe nelle mani del partito di centro (il Terzo Polo), come al tempo della Dc, quando era il partito democratico-cristiano l’unico padrone del tavolo da gioco che distribuiva le carte a suo piacimento e a sua convenienza.

È solo un’ipotesi che ha poche probabilità di realizzarsi, ma se anche la prova elettorale della ex sindaco di Milano si risolvesse solamente in una prova onorevole che risultasse insidiosa del primato detenuto da più di un quarto di secolo dal centrodestra, comproverebbe che i giochi con le ultime elezioni politiche sono cambiati profondamente.

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