I bambini
denunciati
ma la vivacità
non è reato

Due notizie recenti confermano un fenomeno che caratterizza la nostra epoca: il fastidio generato dalla presenza dei bambini e dei ragazzini, del loro vociare. Non dei bulli e dei già incattiviti, ma di chi possiede la qualità dell’esuberanza legata all’età del fermento. Il primo fatto è accaduto a inizio della scorsa settimana: a Roma una pattuglia di vigili urbani arriva all’oratorio della parrocchia di Santa Maria Immacolata di Lourdes nel quartiere Aurelio, chiamata da un gruppo di residenti che si lamenta per il rumore proveniente dall’oratorio. Sono da poco passate le 19 ed è pieno di bambini che corrono, giocano e cantano. Gli agenti comminano al parroco una multa di 350 euro per «disturbo della quiete pubblica».

Ma la vicenda ha almeno un lieto, sorprendente finale: nei giorni successivi gli stessi vigili, comprendendo l’assurdità della situazione, in forma anonima hanno promosso una colletta e pagato la sanzione. «Pensavo di stare su “Scherzi a parte”, - ha commentato il parroco, don Carmine - mi sembrava una situazione surreale, non potevo credere che ci stavano multando soltanto perché facevamo giocare dei bambini».

A Rimini invece, sempre nei giorni scorsi, due minori di 10 e 12 anni sono stati denunciati e interrogati dai carabinieri perché avevano cercato di recuperare il pallone lanciato per sbaglio all’interno di un’abitazione privata. Il proprietario dell’immobile è rimasto fermo nelle sue intenzioni anche davanti alle lacrime dei piccoli e non ha ritirato la denuncia. Non è ritenuta un’attenuante nemmeno l’evidenza che possa esserci un eccesso di esuberanza dopo che i ragazzini hanno patito più degli adulti i mesi chiusi in casa per la pandemia, senza poter andare a scuola né praticare attività sportive e giocare all’aperto.

Ma è un problema che viene da lontano. Basti pensare che perfino la Cassazione è intervenuta sulla materia con due sentenze molto discutibili: la prima ha richiamato i genitori a sorvegliare ed educare di più i propri figli, condannando una mamma a pagare una sanzione pecuniaria; la seconda ha invece assolto un condomino dal reato di violenza dopo che aveva tagliato il pallone di un gruppo di bambini del palazzo dove risiedono. La Corte ha precisato anche in quali casi rumori, urla e schiamazzi integrano l’illecito penale di disturbo alle occupazioni o al riposo delle persone, sanzionato con un’ammenda e con l’arresto fino a 3 mesi.

Altra strada ha invece intrapreso la Germania, che già nel 2012 ha modificato la legge per permettere ai piccoli di fare rumore, mettendo così fine a una serie di denunce contro i parchi gioco e gli asili nido. Ma al netto delle esagerazioni (il parlare gridato e sguaiato o gli atti rovinosi) e dell’assenza di genitori che intervengono a fermarli, dobbiamo prendere atto di una triste deriva: nelle nostre società con sempre meno bambini, la loro esuberante presenza è diventata per certi adulti un fastidio. Nei cortili di tanti condomini è appeso il cartello «Vietato giocare», in molti parchi il pallone non può entrare perché il prato all’inglese è un puro esercizio estetico privo di utilità sociale, non uno spazio di divertimento. Così anche quei minori che non sono totalmente dipendenti dai social o dai giochi in internet, restano relegati dove gli è concesso: l’unico ambito nel quale poter praticare calcio, basket o pallavolo sono gli oratori, i rari campetti e le società sportive. Cara grazia che esistono. Aumentano poi anche in Italia ristoranti e alberghi cosiddetti «no-kids» o «child-free» (il ricorso all’inglese rende i luoghi più qualificati), vietati cioè ai bambini per non guastare la vacanza di single o coppie che cercano la pace assoluta, ma accessibili invece ai cani (qualche abbaiata è sopportabile). È un cambiamento epocale, impensabile anche solo 20 anni fa, un giudizio su noi adulti insofferenti e stressati. Eppure basta viaggiare a Sud dell’Occidente per incontrare città dove i piccoli giocano a pallone nelle vie secondarie e il loro vociare accompagna le giornate di abitanti mai irritati. Ma lì i bambini non sono una rarità da proteggere sotto una campana di vetro o da denunciare per eccesso di rumori. Da noi sì. La quiete pubblica è un giusto diritto, ma se diventa un valore estremo che non prevede deroghe nel corso della giornata, con altri rumori di sottofondo invece ormai assorbiti, porta a censurare l’esuberanza di chi rappresenta il futuro. I bambini.

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