L'Editoriale / Bergamo Città
Mercoledì 12 Novembre 2025
I binari paralleli di Regione e Governo
ITALIA. Siamo assolutamente d’accordo con quanto pubblicamente sostenuto da Attilio Fontana, presidente della Regione, agli Stati generali dei trasporti: «Ferrovie dello Stato, di investimenti non ne fa, anzi ne fa, ma vicini allo zero».
Il riferimento era alla partnership su Trenord, dove indubbiamente Palazzo Lombardia ha fatto la sua parte, perché i 220 nuovi treni sono arrivati, poi non bastano mai ma questo è un altro discorso. Premesso questo, si rischia di andare fuori binario quando si dimentica che le Ferrovie dello Stato nelle loro molteplici (spesso inestricabili) articolazioni sono una società a controllo pubblico che fa capo al ministero dell’Economia e delle Finanze, dove siete un leghista di lungo corso come Giancarlo Giorgetti. Lombardo, per giunta. Come dire che non dovrebbe essere granché difficile trovare l’indirizzo al quale mandare le giuste rimostranze. Idem per il titolare dei trasporti, Matteo Salvini, lombardo pure lui e anche segretario della Lega.
Aggiungiamoci il fatto che i vertici di numerose società del gruppo sono stati rinnovati a inizio anno e che, come nella logica delle cose, il centrodestra l’ha fatta da padrone. Normale, chi vince sceglie e comanda, ma si assume anche la responsabilità di quanto fatto, non fatto o da fare. E qui s’innesta un’altra questione: Trenord all’alba dei 15 anni di matrimonio tra Stato e Regione (preceduti pure da un anno e mezzo di fidanzamento) è con buona probabilità un modello da rivedere, perché una società paritetica è il miglior modo per non decidere nulla e rimpallarsi in eterno le responsabilità.
Siamo d’accordo con la Regione anche quando sottolinea come la copertura del fondo del trasporto pubblico locale in Lombardia sia del 57%, mentre in altre realtà tocchi il 105
Lo pensa anche lo stesso Fontana visto che ad aprile 2023, in occasione di un’intervista a L’Eco di Bergamo, aveva indicato come obiettivo primario il controllo di Trenord tramite l’acquisizione dalle Ferrovie di quell’1% necessario a fare la differenza. Posizione ribadita dall’assessore regionale Franco Lucente pochi mesi dopo. Anche in questo caso si è finiti su un binario morto.
Siamo d’accordo con la Regione anche quando sottolinea come la copertura del fondo del trasporto pubblico locale in Lombardia sia del 57%, mentre in altre realtà tocchi il 105. Ma anche in questo caso il riequilibrio dovrebbe essere facilitato dal fatto che sia a Roma che a Milano comanda il medesimo schieramento politico, invece no. Le comunicazioni restano difficili o molto semplicemente la coperta è corta e le scelte necessariamente differenti. Di certo la teoria di un lungo passato di mancate scelte o investimenti da recuperare sta mostrando la corda, il problema comincia a diventare (anzi, lo è già) un’idea di futuro. Che si fa fatica a vedere, un po’ come l’avanzare dei cantieri che avrebbero dovuto migliorare le cose. Con buona pace dei tagli di nastro, solo su quelli della Bergamasca sia il raddoppio per Ponte San Pietro che il collegamento con l’aeroporto di Orio sono in puntuale ritardo. Per tacere del «salto di montone», orribile nome che indica l’innesto diretto della linea da Bergamo su quella per Milano poco dopo Treviglio e che dalla carta proprio non riesce a saltare (per stare in tema...) fuori.
Di certo gestire una rete come quella lombarda non è facile, per la sua vetustà, per il numero dei passeggeri ma anche perché in sostanza gravita per buona parte sul nodo di Milano, saturo e impossibilitato a fare fronte a una pressione del genere. Ed è anche per questo motivo che serve uno sforzo di prospettiva che vada al di là della mera questione infrastrutturale, che esiste e va risolta attraverso un potenziamento laddove possibile, con la consapevolezza però che la ferrovia è comunque impattante e il suolo lombardo una risorsa sostanzialmente finita negli ambiti urbani. Serve insomma un passo avanti da parte di tutti, anche dalle opposizioni dove finora la sola proposta sembra essere quella della messa in gara del servizio (quale? Quanto? Con quali garanzie per l’utenza?), decisamente troppo poco per uscire dal binario morto sul quale rischiano di finire i pendolari lombardi.
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