Il balletto indegno
per le navi delle ong

Èun balletto indegno quello che si gioca intorno alle navi delle ong impegnate nei salvataggi nel Mediterraneo. L’unica preoccupazione italiana è quella securitaria, senza la capacità di fare politica a livello europeo. Del resto un governo che si ispira al sovranismo ha l’ardire di poter fare da sé, anche di fronte a fenomeni globali come l’immigrazione. Sui social circolano bestialità sugli ospiti delle navi: non sarebbero persone bisognose di aiuto, ma uomini in ottima salute con tanto di smartphone. Forse l’immagine si riferisce ai giovani nei centri di accoglienza, non certo a chi è stato appena salvato dall’annegamento. Il telefono è l’unico bene che posseggono e serve a tenere i contatti con i parenti nelle terre d’origine o in Europa.

Lo posseggono anche tanti nostri bambini, nonostante gli esperti dicano che prima di una certa età può diventare uno strumento pericoloso di dipendenza: perché non lo possono possedere adulti arrivati dall’altra parte del Mediterraneo?

Il Papa, nel messaggio al Meeting per l’amicizia fra i popoli che si apre oggi a Rimini ha ricordato che i migranti «prima che numeri, sono volti, persone, nomi e storie»: un concetto persino ovvio, ma non nei nostri tempi. Ieri il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha ottenuto dal ministro dell’Interno Matteo Salvini l’autorizzazione («mio malgrado») a far sbarcare i 27 minorenni (8 non lo sarebbero) a bordo della Open Arms, ferma nei pressi di Lampedusa, mentre tra Malta e le Pelagie è in attesa la Ocean Viking con 365 migranti. Mio malgrado, ma nei giorni scorsi il ministro aveva già ricevuto una lettera dal Tribunale dei minori di Palermo, firmata dal procuratore Maria Vittoria Randazzo che ricordava come «le convenzioni internazionali impongono il divieto di respingimento alla frontiera o di espulsione dei minori non accompagnati».

Nei giorni scorsi nel Mediterraneo è stato ritrovato un gommone con a bordo un ragazzo morto e un uomo in ginocchio. È stato salvato dalle Forze armate maltesi alle quali ha raccontato di aver gettato in mare i corpi senza vita di 13 compagni di viaggio deceduti di stenti. Nel 2019. Di fronte a queste tragedie che si consumano quotidianamente - a migliaia muoiono ogni anno nel tentativo di attraversare il Sahara e raggiungere la Libia - dovremmo avere parole e pensieri degni di questa ecatombe, al di là di come la pensiamo politicamente o sulle possibili soluzioni. Se le navi delle ong salvano persone, succede perché la nostra Guardia costiera e la nostra Marina militare hanno arretrato il loro raggio d’azione, allontanandosi dalla Libia e la missione europea Sophie non ha più navi in azione ma solo un aereo da ricognizione.

Questo vuoto (o spazio ridotto) d’azione è stato riempito dalle imbarcazioni della Guardia costiera libica, che interviene a singhiozzo ed è infiltrata da mafiosi, e delle ong, che sono oggetto di odio di una parte dell’opinione pubblica perché portano verso l’Italia «potenziali criminali». Ma dalle acque libiche l’Italia è a un braccio di mare, molto più vicina rispetto a Francia e Spagna, che peraltro hanno chiuso i porti come noi. A questo punto il governo (se durerà) dovrebbe prendere atto che parti consistenti dei due decreti sicurezza non hanno raggiunto gli obiettivi. Anzi, il primo, eliminando la protezione umanitaria ha fatto uscire dai centri di accoglienza almeno 56 mila persone, finite sulla strada e diventate clandestine. E i rimpatri promessi da Salvini sono un flop: dovevano essere 600 mila, sono stati 6 mila, l’1% (19, 30 al giorno, contro i 20,2 con il ministro Marco Minniti). Per attuarli servono accordi con i Paesi di provenienza: ma il nostro ministro dell’Interno ne ha siglato solo uno (che va ad aggiungersi a quelli con Tunisia, Egitto, Marocco e Nigeria), col Ghana: da dove arrivano però solo lo 0,47% dei migranti. Il decreto sicurezza bis invece è inapplicabile di fronte al peso preponderante delle leggi internazionali.

In 14 mesi i morti nel Mediterraneo sono stati 1.333. Le partenze dalla Libia (dove è deflagrata una vera guerra) sono scese da 56.923 a 21.988. Oltre il 90% di chi arriva sulle nostre coste lo fa con mezzi autonomi, solo l’8% con le navi di ong. L’Italia dovrebbe battere i pugni sul tavolo di Bruxelles per far valere il principio di redistribuzione e di solidarietà fra Stati. Ma su 7 riunioni tenute dai ministri dell’Interno europei per parlare di immigrazione, Salvini ne ha saltate sei. Se questo è il sovranismo...

© RIPRODUZIONE RISERVATA