Il costo delle crisi le scelte per uscirne

ITALIA. Il debito accumulato dagli Stati, dalle famiglie e dalle imprese nel mondo secondo l’Institute of international finance è arrivato a quota 307mila miliardi di dollari.

Su un Prodotto interno lordo mondiale di oltre 100mila miliardi di dollari, vuol dire che l’esposizione complessiva è al 334%, tre volte il Pil. Domanda: è una cifra sostenibile? Per l’Italia è una questione dirimente. Con il 140% di debito acclarato e con una prospettiva che non prevede cali da qui al 2026. la situazione appare ancora stabile anche se non senza rischi. L’economia dell’Eurozona scricchiola, gli indici e i dati anticipatori prevedono a livello continentale una crescita zero. Se sarà così i tassi dovranno calare. Ma la Bce anziché anticipare i fenomeni li rincorre e questo ha un prezzo. Nel frattempo il debito è diventato necessità e va ad accumularsi al pregresso che anni di leggerezza finanziaria hanno legittimato. Larry Summers, ex segretario del Tesoro americano e vincitore a Roma del premio Bancor, avvisa i governi sui rischi che le guerre, dall’Ucraina al Medio Oriente, comportano per Paesi ad alto debito come Stati Uniti e Italia. Nel 2020 la pandemia ha costretto i governi a ricorrere a interventi massicci per sostenere i lockdown e le spese sanitarie. Quando si sperava di essere usciti dal tunnel e il debito si avviava a ridursi, ecco che irrompe la stretta dei fornitori che non riescono a star al passo della ripresa gigantesca dell’economia mondiale. Mancano i chips e i pezzi di ricambio e i prezzi cominciano a lievitare.

In Italia si devono aggiungere gli effetti perversi dell’ecobonus 110% che ha portato le ristrutturazioni edilizie a cifre fuori mercato. Il tutto a spese dello Stato. Segue poi inaspettata l’invasione dell’Ucraina e il gas, che fino ad allora aveva tenuto competitive le imprese tedesche e europee, va ai massimi storici. Il costo crescente dei carburanti fa ulteriormente salire i prezzi e l’inflazione, ormai quasi dimenticata dagli europei, schizza verso l’alto e diventa l’incubo quotidiano nella lotta del consumatore contro il caro spesa. Per sostenere le famiglie e le imprese in difficoltà lo Stato deve mettere mano al portafoglio e lo fa di nuovo a debito. Lo Stato esiste per questo, è un’assicurazione che garantisce ai suoi cittadini dignità nei momenti di avversità collettive. E questo spiega in tempi di vacche grasse l’accanimento di Germania e Paesi nordici per una politica rigorosa dei conti pubblici. Con il retropensiero che da sempre ha guidato nel passato i bilanci familiari: risparmia oggi quel che ti potrebbe servire domani. Applicata poi nel caso greco, ha avuto costi sociali altissimi con un Paese ridotto alla miseria. Allora, nel 2009, aveva prevalso lo spirito di punizione e di castigo. Una medicina amara che però ha portato 14 anni dopo a risultati tangibili visto il boom dell’economia greca e la vistosa riduzione dell’indebitamento. Il tasso di interesse pagato sui titoli di Stato greco è inferiore a quello italiano. E già questa è una notizia.

Adesso altri impegni ineludibili attendono gli Stati: in primis far fronte agli interessi che a livello mondiale costituiscono un quinto del Pil. Per la sola Italia si calcolano al 2026 nell’ordine dei 100 miliardi. In Paesi soprattutto in Occidente e in Giappone, dove la popolazione invecchia lo Stato sociale, diventa molto costoso. E poi il cambiamento climatico al quale è collegato l’adeguamento energetico e a sua volta una nuova politica industriale fatta di tecnologie e energia rinnovabile. Se non si vuole la deindustrializzazione e la perdita di posti di lavoro occorre aiutare le imprese a fare il salto nel nuovo mondo produttivo. E questo al netto delle crisi geopolitiche ed energetiche come quella di oggi in Medio Oriente. Tempi impegnativi che richiedono lavoro, dedizione e sobrietà.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

© RIPRODUZIONE RISERVATA