Il premier Draghi negli Usa, strategia e prestigio

Lo scopo principale della visita di Mario Draghi alla Casa Bianca è di dimostrare al mondo che in Italia non ci sono ambiguità sul tema delle alleanze: come disse alla nascita del suo governo, il presidente del Consiglio conferma la tradizionale linea atlantista ed europeista dell’Italia. Ce n’era bisogno? Sì, dopo due governi in cui molto si era dubitato di noi considerando le linee filo-russe, sovraniste, populiste, euro-scettiche degli equilibri politici precedenti.

Se Putin pensava che, invadendo l’Ucraina, avrebbe potuto contare in Europa e dentro la Nato su un’Italia «accomodante» nei confronti di Mosca, la frase pronunciata da Draghi ieri nello Studio Ovale è stata lapidaria: «Putin pensava di dividerci, non ci è riuscito». L’Italia è schierata con gli Stati Uniti e l’Ue a fianco dell’Ucraina, cui invia aiuti e armi, e nello stesso tempo continua a chiedere che si apra la via della pace, della trattativa, del negoziato. E lo chiede in termini di piena solidarietà tra europei e Alleanza Atlantica: «Hai tenuto insieme l’Ue e la Nato», così Biden ha riconosciuto il ruolo del premier italiano.

E tuttavia, forte di questa lealtà, testimoniata con un prestigio personale indubbio, è probabile che Draghi sia andato a rappresentare a Biden anche l’intenzione dell’Europa di affermare un proprio ruolo nella ricerca del negoziato su una guerra che è scoppiata nel Continente.

E tuttavia, forte di questa lealtà, testimoniata con un prestigio personale indubbio, è probabile che Draghi sia andato a rappresentare a Biden anche l’intenzione dell’Europa di affermare un proprio ruolo nella ricerca del negoziato su una guerra che è scoppiata nel Continente. È una rivendicazione? In parte sì, anche se andrebbe depurata di qualunque ipotetico spirito polemico. L’Europa sente di dover essere più in prima fila nel cercare la pace senza cercare obiettivi diversi dalla ricomposizione della sovranità nazionale di Kiev. E qui forse c’è una sottile distinzione con Washington: se alla Casa Bianca puntano alla caduta di Putin e sono per questo tentati di sostenere una escalation militare, l’Europa ci va molto più cauta. In questo Draghi è d’accordo con Macron (che non a caso ieri ha parlato con Xi Jin Ping ottenendone una dichiarazione assai significativa che è suonata critica verso Mosca). Quando si dice: «Il nostro avversario non è la Russia ma la guerra», si afferma uno spazio negoziale di cui l’Europa – mentre arma la resistenza ucraina - è in grado di farsi garante. Nel colloquio tra il presidente del Consiglio e Biden di questo si è discusso oltre che, naturalmente, di energia, dell’embargo del gas e del petrolio della Russia, dell’apporto statunitense alle nostre necessità sulla strada che ci renderà autonomi. Un punto sul quale Draghi può vantare un ruolino di marcia dell’Italia assai ambizioso, forse più di altri partner dell’Unione.

Quando si dice: «Il nostro avversario non è la Russia ma la guerra», si afferma uno spazio negoziale di cui l’Europa – mentre arma la resistenza ucraina - è in grado di farsi garante.

La linea che Draghi ha portato in America trova subito il consenso del Pd – soprattutto quando si pronuncia la parola «pace», se non altro per mettere a tacere alcuni brontolii interni – ma sconta un certo gelo da parte di Salvini e di Conte. Quest’ultimo in particolare, la cui pressante richiesta al premier perché si presentasse in Parlamento prima di prendere l’aereo è stata sostanzialmente snobbata: del resto, tutto avrebbe potuto augurarsi Draghi alla vigilia di un viaggio così importante, che vedere alla Camera e al Senato pezzi consistenti di quello che è tuttora il partito di maggioranza relativa scagliarsi contro l’invio di armi all’Ucraina e magari contro Zelensky. Sarebbe stato un segnale assai negativo che avrebbe steso un’ombra sui colloqui con Biden. Se questo è stato evitato, resta il fatto che i partiti della maggioranza vivono acutamente le contraddizioni della loro diversità, messe in gabbia finora dal prestigio di Draghi, dall’ombrello aperto da Mattarella, dalla difficoltà del momento che non consente certo all’Italia un periodo di instabilità politica. Però siamo alla vigilia di un importante turno elettorale amministrativo e questo, guardando l’agitazione dei partiti, lo si avverte perfettamente.

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