In Italia preoccupa lo spread: è tornato a crescere

Nei giorni antecedenti l’insediamento di Mario Draghi a Palazzo Chigi, il clima di fiducia diffusosi sui mercati finanziari aveva provocato una discesa dello spread al minimo storico degli ultimi 5 anni, oscillando intorno ai 90 punti base. Oggi, a distanza di più di un anno, la crescita di questo assai minaccioso differenziale di rendimento fra i nostri Titoli di Stato e quelli tedeschi torna a preoccupare non poco per varie ragioni: l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, il cui esito e assai incerto, ha determinato l’applicazione a quest’ultima di sanzioni economiche che avranno pesanti influenze negative anche sulla nostra economia; la Bce in presenza di un’inflazione che ha raggiunto il 7% ha annunciato che da fine marzo non proseguirà l’acquisto di titoli di stato; iniziative speculative hanno determinato un aumento repentino delle bollette di gas e luce che costringerà il governo ad ulteriori scostamenti di bilancio per evitare conseguenze disastrose per famiglie e imprese.

Tutto ciò ha fatto sì che, nonostante il permanere di Draghi a Palazzo Chigi, gli investitori siano stati indotti a pretendere un premio per i maggiori rischi che potrebbero prospettarsi, determinando un sensibile incremento dello spread che viaggia ormai tra i 160 e i 170 punti base. Siamo certo ben lontani dai 574 punti segnati il 9 novembre del 2011, che determinarono la fine del governo Berlusconi e la nomina a Primo ministro di Mario Monti. Occorre però che sia monitorato con estrema cura lo scenario emergente, attuando ogni possibile mezzo di strategia politico ed economica per prevenire le tanto pesanti ricadute, in parte già in atto, che un differenziale Btp-Bund sempre più alto determina sulla qualità media dei nostri tenori di vita.

Una prima conseguenza negativa dell’aumento dello spread si registra sulle attività finanziarie. I piccoli risparmiatori, se da un lato percepiscono un effetto positivo derivante dal poter investire a tassi più alti, dall’altro sono sensibilmente penalizzati dal deprezzamento dei titoli detenuti in portafoglio. Aumenta, inoltre, il costo della raccolta per le banche che, per non compromettere la loro redditività, sono costrette ad aumentare il costo del denaro e dei servizi offerti alla clientela. Sia per le famiglie che per le imprese l’accesso al credito e la gestione dei conti risultano quindi molto più onerosi. Per quanto concerne in particolare i mutui casa, l’aumento dello spread non ha alcun effetto per quelli già stipulati a tasso fisso ma anche per quelli a tasso variabile prevalentemente legati all’Euribor, un tasso europeo poco influenzato dalle vicende di un singolo Paese. È invece destinato a crescere sensibilmente il costo dei nuovi mutui, sia a tasso fisso che variabile. Appare pertanto evidente come siano i cittadini a pagare le conseguenze dei maggiori esborsi che lo Stato deve sostenere per pagare interessi più alti a investitori internazionali che si giovano della scarsa affidabilità del nostro Paese. Nonostante ciò, la classe politica pare ad oggi ancora poco consapevole della gravità delle conseguenze legate all’elevato debito pubblico. Cresce sempre più, viceversa, il convincimento che alla riduzione del debito debba contribuire soprattutto la crescita economica, in particolare quella realizzabile con l’attuazione del consistente programma d’investimenti previsto dal Piano europeo. Si trascura di considerare che gli effetti positivi dell’attuazione del piano potranno essere registrati solo tra qualche anno e che la tanto esaltata diminuzione del debito pubblico al 150% del Pil, recentemente registrata, deriva dall’inaspettata e notevole crescita economica dello scorso anno (+6%) che sta subendo una consistente flessione, destinata ad accentuarsi nei prossimi mesi a causa dell’aumento dell’inflazione, della crisi energetica e delle conseguenze sull’economia dei vari paesi determinati dalla disastrosa guerra in atto che sta cambiando radicalmente gli scenari previsionali sul piano politico ed economico.

Al di là di ogni più facile illusione, rimane il fatto che nei prossimi mesi il contenimento dello spread sarà soprattutto legato al giudizio che gli investitori internazionali riserveranno agli interventi di politica economica e all’azione riformatrice che il nostro Esecutivo sarà in grado di realizzare.

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