In oriente si muove un patto minaccioso

Preoccupa non poco quanto sta accadendo nell’emisfero orientale. La prima settimana di settembre si sono tenute le esercitazioni militari Vostok 2022 alle quali hanno preso parte compagini di diversi Paesi ex sovietici, come Bielorussia e Tagikistan, nonché Cina, India, Laos, Mongolia, Nicaragua, Siria, Algeria, Agerbaijan, Armenia, Kirghistan e Birmania. Sono stati coinvolti oltre 50mila soldati e più di cinquemila unità di equipaggiamento militare, inclusi 140 aerei e 60 navi.

L’obiettivo, secondo il ministero della Difesa russo, è quello «di perfezionare la difesa congiunta delle rotte marittime e delle aree di attività economica». È singolare che la componente navale della Vostok abbia visto un ampio spiegamento di forze proprio nelle isole Curili, sottratte dalla Russia al Giappone nel 1945. Non stupisce affatto, dunque, la formale protesta del Giappone che ha definito le manovre «provocatorie e totalmente inaccettabili». È pur vero che le esercitazioni erano state pianificate prima dell’invasione russa in Ucraina ma, considerato l’attuale contesto militare e geopolitico, è evidente come abbiano avuto lo scopo di rimarcare da parte di Mosca l’importanza delle proprie alleanze con i Paesi amici dell’Asia, dell’Africa e del Medio Oriente. Non è un caso che la televisione sovietica lo scorso 6 settembre si sia soffermata a lungo sulle immagini del presidente Putin che, con indosso un giaccone militare, assisteva presso il poligono di Servgeevski alla fase finale delle manovre.

Un altro aspetto particolarmente significativo è dato dal fatto che queste esercitazioni sono state programmate poco prima del 15 settembre, cioè domani, data fissata per il «vertice dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai». L’Ocs è un organismo intergovernativo fondato il 14 giugno 2001 dai capi di Stato di otto Paesi: Russia, Cina, India, Kazakhstan, Kyrgyzstan, Tajikistan, Uzsbekistan e Pakistan, ai quali si aggiungerà l’Iran. La linea d’azione dell’Organizzazione è stata originariamente influenzata dai problemi della sicurezza, tanto che le principali minacce furono evidenziate nel terrorismo, nel separatismo e nel fondamentalismo. Nella dichiarazione che è alla base dell’Organizzazione si legge che «non è un’alleanza intesa contro altri Stati e regioni, in quanto aderisce al principio di apertura». Tuttavia, negli anni successivi alla sua fondazione si è iniziato a parlare di un possibile ruolo di difesa militare nei confronti dell’espansionismo degli Stati Uniti.

Un chiaro segnale in tale direzione si è avuto nel 2006, quando la richiesta di questi ultimi di essere ammessi ai vertici quali «osservatori» fu respinta, adducendo come motivazione «la mancanza di una frontiera comune». Da quella data l’Organizzazione si è avviata a rappresentare qualcosa di molto simile a un’alleanza «geostrategica». In realtà, la sua capacità di svolgere un’azione coordinata è stata a lungo limitata dagli interessi contrapposti dei vari Paesi. Questa situazione, tuttavia, è stata superata negli ultimi tempi per il prevalere di sempre più stretti legami tra Cina e Russia, che Putin ha definito «un’amicizia più forte della roccia». Questa alleanza, sancita il 4 febbraio scorso alla vigilia delle Olimpiadi di Pechino - poco prima della cosiddetta «operazione speciale militare» in Ucraina - sarà certamente ribadita nel vertice di domani. Un patto solido e minaccioso, tenuto insieme dalle immense ricchezze energetiche dei due Paesi e, soprattutto, dalla comune avversione alle politiche militari espansionistiche della Nato e degli Stati Uniti. Putin e Xi Jinping trovano motivi di largo accordo nell’azione di contrasto alla potenza americana, accusata dal primo di aiutare l’Ucraina con sostegni militari ed economici per sfiancare l’esercito sovietico e dal secondo di sostenere l’indipendenza di Taiwan attraverso ricorrenti iniziative diplomatiche. L’orologio della storia sembra essere improvvisamente tornato indietro di settant’anni.

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