La Carrara un museo che studia da grande

ITALIA. L’Accademia Carrara si affida a una donna, la terza nella sua storia più recente, iniziata dopo i trent’anni di guida di Francesco Rossi.

Martina Bagnoli prende il testimone dalle mani di Maria Cristina Rodeschini (che l’aveva ereditato da Emanuela Daffra) e sceglie di farlo davanti a un quadro del Baschenis che tanto la colpì nei lontani anni Ottanta, quando varcò per la prima volta la soglia della pinacoteca. Lungi da lei l’idea di guidarla, un giorno. In quella tela, tra gli strumenti musicali polverosi appoggiati su un tavolino, spicca un fiocco di raso rosa. Quasi un segno premonitore.

La neo direttrice promette una conduzione all’insegna della continuità, con qualche aggiustamento non di poco conto, verrebbe da dire scorrendo il suo ricco curriculum. Studi all’estero, in Gran Bretagna e Stati Uniti, profonda conoscitrice dell’arte medioevale come delle nuove tecnologie, ha trascorsi accademici oltreoceano e ha diretto un polo museale in Italia. Eredita la guida di una pinacoteca che è riuscita a crescere in tempi di pandemia. Rinnovata – non senza polemiche – due volte in meno di un decennio, è rinata nell’anno in cui Bergamo ha condiviso con Brescia il titolo di Capitale italiana della Cultura. «Buon lavoro» le ha augurato il sindaco Giorgio Gori, consapevole del fatto che l’impresa non sarà delle più facili. Martina Bagnoli è la nuova allenatrice di una squadra che ha vinto lo scudetto e ora è chiamata ad arricchire il palmares.

Come? Partendo dalle buone notizie: un museo fresco di restyling, conti in salute, finanziatori privati che non sono fuggiti nonostante i tempi duri, un’amministrazione comunale che intende sostenere il suo museo più rappresentativo. E c’è da augurarsi che lo faccia il più a lungo possibile, perché i costi per mantenere un museo restano alti, in primis quelli energetici. L’allestimento, piaccia o meno, non si tocca più. Abbiamo già dato, ha lasciato intendere la nuova arrivata. Il camminamento esterno lo renderà più funzionale, giardino e bistrot attesi per la prossima primavera daranno più appeal al museo, adeguandolo finalmente agli standard delle città d’arte europee.

Ma non basterà. Bisognerà trovare nuovi pubblici – linfa vitale – e non basterà convincere i bergamaschi a visitarlo più volte. Nel 2023 sono cresciute le presenze da tutta Italia e dall’estero, i voli low cost dell’aeroporto orobico sono un buon bacino di utenti ma vanno invogliati a mettere il naso nel museo. E magari spinti a venire a Bergamo proprio per varcare quella soglia. Le collaborazioni internazionali aiuteranno, peraltro già avviate dalla precedente direzione, così come faranno gioco i rapporti rinsaldati con il territorio e le sue istituzioni culturali. L’esperienza insegna che le mostre temporanee sono la chiave vincente per attrarre visitatori e che un buon turnover delle proposte rende un museo più dinamico e attrattivo. Martina Bagnoli ha annunciato un’esposizione sulla pittura napoletana del Seicento, partendo da quel che già abbiamo in Carrara e sul territorio, per poi estendere lo sguardo a Napoli e all’estero. In vista anche un evento in collaborazione con New York e una mostra di ricerca che guarda al rapporto tra arte e nuove tecnologie. Una partenza capace di suscitare curiosità e interessi diversi. Bergamo si è fatta conoscere nel 2023, la Carrara ha giocato bene le sue carte, ha allestito in 12 mesi altrettante mostre – tra grandi esposizioni ed eventi minori – ed è stata vista da 130mila persone, doppiando la media annuale.

Ripetersi in futuro sarà difficile ma non impossibile. Antonio Paolucci, che certo di musei se ne intendeva, l’aveva definita «una galleria di rango internazionale, polifonica», grazie alle sue collezioni storiche incrementate da nuovi lasciti e alla capacità di dialogare con l’esterno, negli anni andata aumentando. Una forza destinata a crescere quando la nuova Gamec sarà pronta lì dove sorgeva il Palazzetto dello Sport e l’ex caserma Montelungo verrà finalmente trasformata in campus universitario.

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