La crescita dei consumi
Il problema è la fiducia

Il problema è la domanda. Abbassare l’Iva potrebbe essere una soluzione. Il governo Merkel ha discusso per 21 ore di seguito ed alla fine ha portato l’imposta indiretta rispettivamente dal 19 al 16% e dal 7 al 5% a seconda dei generi di consumo. In Italia è un’opzione all’ordine del giorno per il piano di rilancio dell’economia. La speranza è che la riduzione si ripercuota sui prezzi e li renda appetibili al consumatore. Mai come ora tutto dipende dalle famiglie. I bilanci di casa sono gravati dai mancati introiti di questi mesi senza contare la disoccupazione che incombe. Solo in Germania sono 7,5 milioni i lavoratori colpiti da cassa integrazione con un indice dei senza lavoro che viaggia oltre il 6,1%. Una cifra risibile rispetto all’ 11% di casa nostra in tempi pre Covid e tuttavia in grado di indurre la pubblica opinione alla cautela e quindi ad una minore propensione al consumo.

Il problema è comune a tutta l’Europa. Fare la spesa con la mascherina si è rivelato un fattore che rallenta le vendite sia per le code sia per la distanza di sicurezza. Non si è liberi mentalmente e si procede per necessità più che per piacere. Se a questo si aggiungono le limitazioni per gli spettacoli, dal teatro al cinema ai concerti, ne consegue un minor consumo anche nelle attività di ristorazione, dei bar, negli intrattenimenti. Il calo del turismo fa poi la sua parte. Aprire hotel e ristoranti ha un costo e se i clienti non arrivano o sono troppo pochi - anche per l’obbligo di distanziamento - va da sé che una parte del settore ne risulti penalizzato.

In questo scenario la riduzione dell’Iva alla fine può giocare un ruolo marginale. In Germania ci si è decisi al passo solo perché non si voleva dare un bonus di acquisto per le auto a combustibile fossile. L’auto elettrica è diventato ormai un tributo allo spirito del tempo anche per partiti conservatori come la Cdu. La necessità di non cedere voti ai Verdi ha indotto a premiare le infrastrutture energetiche alternative e le aziende automobilistiche che producono veicoli elettrici. Per compensare tutti i produttori che hanno i piazzali di auto nuove invendute si è quindi pensato di offrire loro un incentivo di fiscalità indiretta ridotta. Un compromesso che solleva molti dubbi. L’esperienza ha mostrato che le imprese mantengono con un tacito accordo gli stessi prezzi pre crisi e incamerano la diminuzione dell’Iva come copertura per i mancati profitti. Si veda in proposito la multinazionale Johnson&Johnson con i prodotti di igiene intima a riduzione di aliquota Iva.

Alla fine il vero problema che si pone è la fiducia. Solo se nel futuro si vedono opportunità di lavoro si può indurre un nucleo familiare ad osare. E del resto il fatto che l’Italia sia un Paese povero abitato da ricchi fa sì che i 1.371 miliardi dei risparmi degli italiani rimangano sul conto corrente e non vengano investiti nell’economia. Il vero capolavoro di un governo sarebbe quello di riportare questi capitali sul mercato. Senza contare quelli depositati all’estero.

La recente emissione di Btp Italia destinati ai risparmiatori italiani ha avuto successo a conferma che la fiducia nello Stato non è venuta meno in una parte del Paese. A onor del vero va anche detto che i 14 miliardi raccolti in pochi giorni dalla casse del Tesoro sono stati raddoppiati in uscita. Cittadini spaventati hanno pensato di far emigrare su conti esteri i loro capitali. E non sono solo evasori. Semplicemente gente che ha paura e teme per il futuro del suo Paese e quindi anche del proprio. Ecco perché la concordia nazionale in questo momento di tragica necessità è il vero motore della ripresa.

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