La crisi rimescola
le carte ai potenti

Leader potentissimi fino ad una manciata di mesi fa adesso in difficoltà e con l’ incombenza di dover assumere decisioni, straordinarie e complesse, in cui la tempistica è fondamentale. La crisi del Covid-19 ha mostrato ancora una volta che, a livello internazionale - perlomeno -, fare previsioni oltre i sei mesi è come leggere nei fondi delle tazzine di caffè. Chi si sarebbe mai immaginato in gennaio, quando il tasso di occupazione negli Stati Uniti era ai suoi massimi storici e Wall Street mieteva record su record, che in maggio il favorito Donald Trump si sarebbe ritrovato a rincorrere nella campagna elettorale presidenziale?

Due dati su tutti: in poche settimane 30 milioni di americani hanno perso il loro posto di lavoro; i futures sul petrolio sono andati in territorio negativo tanto che i produttori dell’ oro nero hanno dovuto pagare i costi di deposito. I sondaggi sono chiari: Donald Trump è in ritardo in Florida, Stato da sempre decisivo per l’ elezione dei presidenti repubblicani.

Mentre vari governatori frenano - e al contrario frange della popolazione protestano contro il lockdown -, l’ attuale inquilino della Casa Bianca ha la necessità di iniziare al più presto la Fase 2 per rimettere in moto il motore economico Usa. Altrimenti, addio rielezione. Ma il rischio che il coronavirus si propaghi ancor di più è elevato. Un bel grattacapo!

Situazione complicata anche in Russia. Per la prima volta in 20 anni, Vladimir Putin è stato anticipato in una sua mossa e si sono create le classiche condizioni per una tempesta perfetta. Il Cremlino ha dovuto rinunciare - il 22 aprile - al referendum costituzionale, che avrebbe dato all’ attuale presidente la possibilità di altri due mandati dopo il 2024, e ha rimandato - il 9 maggio - le celebrazioni per il 75° anniversario della Vittoria nella Seconda guerra mondiale, evento su cui è stata imperniata tutta la politica di comunicazione degli ultimi anni.

Il crollo del Pil, delle quotazioni del petrolio e del rublo rischiano di provocare una recessione a lungo termine con addirittura il pericolo della depressione. E chissà allora se basteranno il per ora ricco Fondo di stabilità e le risorse valutarie da oltre 500 miliardi di dollari. Non sta meglio Xi Jinping, che negli anni è riuscito ad ottenere quasi più poteri di Mao Tse-tung. Per la prima volta, dopo decenni, il Pil cinese è in frenata ed in futuro, per scelte strategiche di europei ed americani, il suo Paese potrebbe non essere più la «fabbrica» del mondo.

Come denunciano le opposizioni, il turco Erdogan ha tentato di sfruttare la crisi del coronavirus per stringere ulteriormente il suo controllo sul Paese - adesso sui social media, luogo di sfogo e protesta per i dissenzienti. In Ungheria, per la contrarietà della Commissione europea, il premier Orban ha ricevuto dal Parlamento enormi poteri. Simili litigi anche tra Bruxelles e Varsavia per riforme discutibili, mai fermatesi, che gettano ombre sulle libertà fondamentali. Domenica prossima in Polonia sono pure previste le presidenziali, come se l’ epidemia non esistesse. Il capo dello Stato uscente, il conservatore Duda, ha l’ esigenza di far tenere ora la consultazione, poiché, tra qualche mese, il Paese slavo potrebbe entrare in recessione e la sua rielezione potrebbe saltare. Il 10 maggio si utilizzerà il voto postale, ma i dubbi sulla incostituzionalità della consultazione sono tangibili tanto che il boicottaggio delle opposizioni liberali - riformiste si annuncia massiccio. Ovunque, quindi, scenari incerti se non di scontro. L’ Italia non è un’ eccezione.

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