La disputa sulle zone 30. Federalismo
dimenticato

ITALIA. Per il leader della Lega Matteo Salvini il federalismo non può viaggiare a meno di 50 chilometri all’ora.

Se scende addirittura a 30, può pacificamente trasformarsi in centralismo, con una bella direttiva da ministro delle Infrastrutture. Destinatario: il sindaco del Comune di Bologna. La città felsinea ha introdotto l’obbligo dei 30, come peraltro altri Comuni italiani (la prima è stata Olbia, anche se Bologna è la più grande), ma il ministero annuncia che punta a modificare il comma 2 dell’articolo 142 del Codice della Strada, per restringere la possibilità di creare zone 30 che siano estese a interi centri urbani. Zone 30, sì, ma a macchia di leopardo: dovranno essere limitate a situazioni particolari e specifiche, non spalmate su tutta la città. Il progetto «Bologna Città 30» viene considerato «non ragionevole» e «ideologico» dal ministro Matteo Salvini, che lo ha attaccato frontalmente, convocando tra l’altro il primo cittadino Matteo Lepore a Roma. Il «trentismo» come progetto politico, anzi ideologico, teso a sovvertire l’ebbrezza futurista della velocità. L’obiettivo del ministero è trovare un «ragionevole equilibrio» tra l’esigenza di garantire la sicurezza (che resta una priorità) ed evitare «forzature che rischiano di generare l’effetto contrario». In questo senso, il Mit ha già portato in Conferenza unificata anche una proposta per limitare l’utilizzo degli autovelox nei centri urbani e controllare limiti sotto 50 all’ora.

Che la «macchina delle multe» si basi anche sugli autovelox è indubbio, anche se coi 30 c’entrano poco e infatti a Bologna, come annunciato, basteranno i vigili a controllare (Fiorello con una delle sue fulminanti battute dice che a 30 all’ora basta un pittore, non l’autovelox). L’Italia è comunque al primo posto nella classifica europea per uso di questi marchingegni, ormai sono oggetto di assalti luddisti. Del resto le multe stanno diventando una parte sempre più importante dei bilanci dei Comuni. A Milano nel 2022 producevano 750 mila euro al giorno e sono diventate quasi un obiettivo di bilancio. Ma non dobbiamo mai dimenticare che i limiti orari dei 30 sono una risposta adeguata alle vittime della strada. Se un pedone viene investito a 60 chilometri all’ora da un automobilista sempre più distratto dal cellulare non ha speranze di sopravvivenza. A 50 nel 5% dei casi (negli altri muore egualmente) può sperare di rimanere menomato gravemente per il resto della sua vita. Solo a 30 all’ora l’autovettura ha sufficiente tempo per frenare e salvargli la vita.

Negli incidenti stradali il discorso è più o meno lo stesso. Ci sono filmati su YouTube che illustrano le impressionanti conseguenze di un investimento di un pedone a 50 all’ora, si possono visionare per chi è scettico. Per stare a Bologna, nel 2022 ci sono stati 23 incidenti mortali nella sola area comunale. Nel 2023, nei primi sei mesi, sono saliti a 34. Gli incidenti stradali sono la prima causa di morte sotto i 50 anni in Italia e il 73% di essi avviene in ambito urbano.

Certo, poi ci sono le conseguenze del traffico «ricalibrato», l’impazienza di raggiungere una meta viaggiando a rilento, il rischio di rimanere imbottigliati, la paura di prendersi l’ennesima multa. Ma Bologna si ripromette di raggiungere zero incidenti mortali e noi crediamo che la salvezza di una sola vita umana - una sola - sia sufficiente a giustificare qualunque rallentamento del traffico, qualunque ritardo in ufficio, qualunque multa. La direttiva del ministro Salvini sembra più recepire l’impazienza e il disagio dei cittadini-elettori che le esigenze di sicurezza, in linea con tutte le maggiori città europee. La città pioniera del limite dei 30 all’ora è stata Graz in Austria, ma negli ultimi anni anni la prescrizione di rallentare nei centri abitati è diventata pressoché la prassi in moltissime città europee: da Londra a Bruxelles a Parigi. In Spagna tutte le strade con una sola corsia per senso di marcia hanno il limite dei 30: circa il 70% di tutte le strade del Paese. E i risultati? La mortalità e diminuita ovunque si applicasse il divieto.

E infatti anche numerose organizzazioni internazionali, come l’Organizzazione mondiale della sanità - che stima di salvare 25mila vite umane da qui al 2035 - e le Nazioni Unite hanno chiesto ai Comuni di prendere in esame questo provvedimento. L’Europa viaggia a 30 all’ora. Vogliamo diventare antieuropeisti anche in questo e fare battaglie di retroguardia? Signor ministro ci ascolti, lasci perdere, la preghiamo, il sovranismo velocista, la ricerca del facile consenso o i mugugni da bar dell’uomo della strada, anzi dell’autostrada, e pensiamo tutti insieme alle vite da salvare.

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