La frattura nel governo
Gli scenari possibili

La situazione politica in questo momento è quantomai incerta. I rapporti tra i leader della maggioranza sono tesi, al limite della rottura. Oggi Matteo Salvini non parteciperà al Consiglio dei ministri per protestare contro il voto favorevole dei grillini alla neo-presidente della Commissione europea, e fa sapere che ormai «è venuta meno la fiducia». Al contrario, Di Maio ritiene di essere stato «pugnalato alla schiena» dalla Lega che si è schierata contro Ursula Von Der Leyen. In ballo, come è noto c’è la poltrona di commissario europeo che spetta all’Italia e che finora sembrava destinata ad un leghista.

Nel frattempo Giuseppe Conte si appresta ad andare alla Camera a riferire sul Russiagate leghista proprio nel momento in cui Salvini si rifiuta di farlo perché, dice, non c’è niente da riferire. Il settimanale l’Espresso annuncia nuovi scoop sul rapporto tra Lega e russi mentre filtrano parole inquietanti dalle sedute segrete del Copasir, l’organismo parlamentare sui servizi di sicurezza. La Procura di Milano indaga, interroga e perquisisce. La Lega, nel frattempo, nei sondaggi continua a macinare consensi, prima durante e dopo lo «scandalo» dell’Hotel Metropol di Mosca.

Insomma, sono parecchi quelli che si aspettano il botto: l’esplosione di una maggioranza nata spuria che ha retto fin quando i due partiti contraenti del «Contratto» hanno realizzato le loro promesse elettorali di bandiera, reddito di cittadinanza e quota 100. Poi si è sfilacciato tutto fin quando è piombata su Roma la rivelazione del sito americano Buzzfeed sui presunti finanziamenti al Carroccio.

Si era detto che il 20 luglio, domani, si sarebbe chiusa la «finestra» per andare alle elezioni anticipate in settembre, cioè prima che si entri nel vivo della sessione parlamentare di bilancio – durante la quale sarebbe sommamente dannoso mettere in scena una violenta campagna elettorale. Ma questa «finestra» per Matteo Salvini semplicemente non esiste. Lo ha detto ieri: «Si può sempre andare a votare, se serve» aggiungendo che, dopo la caduta di questo governo, non ci sarebbe altro che il ritorno alle urne, niente governi tecnici e nemmeno governi da ribaltone (Pd-M5S, un’ipotesi che gira, che piace a molti sia democratici che grillini, ma che per il momento viene sdegnosamente rigettata sia da Di Maio che da Zingaretti, figuriamoci da Renzi).

Le elezioni anticipate, stando ai sondaggi di oggi ed escludendo drammatici colpi di scena al momento non ipotizzabili, si trasformerebbero in un trionfo dei cosiddetti sovranisti: Lega e Fratelli d’Italia supererebbero il 40% e potrebbero teoricamente conquistare da soli la maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento (non esiste, come molti credono, il premio per chi supera il 40%: quello era previsto nell’Italicum, non nel Rosatellum vigente). È chiaro che Salvini, drammatizzando la prospettiva elettorale, tende a mettere paura ai grillini, reduci da una serie di batoste elettorali che, facendo loro perdere sei milioni di voti alle europee, li hanno riportati a quota 16%, molto molto lontani dal trionfale 32 con cui hanno inaugurato questa legislatura. Di Maio comprensibilmente non vuole andare a elezioni, e tantomeno i suoi, visto che ben pochi di loro tornerebbero sugli scranni di Montecitorio o Palazzo Madama. Viceversa Salvini è spinto da moltissimi leghisti a rompere il più in fretta possibile coi grillini e a cogliere l’attimo prima che cambi il vento (il capo del Carroccio dice spesso di tenere sul comodino la foto di Renzi per ricordarsi come i voti possano facilmente dileguarsi).

Tutto questo è il ragionamento che si può fare di fronte ad una simile tensione che starebbe velocemente portando ad una crisi. Vedremo se qualcuno tirerà il freno.

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