La relazione educativa e il ruolo dei nonni 2.0

ITALIA. Essere anziani non è un merito, è un privilegio di destino.

Chi gode di tale privilegio ha però la doverosa opportunità di restituire agli altri, soprattutto ai giovani, il proprio vissuto fatto di sapienza accumulata, di errori perpetrati, di storie avvincenti o felicemente banali che si aggrovigliano e si dipanano nei ricordi più intimi. Ricordi che con l’avanzare degli anni diventano sempre più memorabili. Un po’ perché vengono meno i progetti, un po’ perché si tratta di ricordi ruspanti, vissuti respirando a pieni polmoni l’ingenuità e la durezza di epoche lontane dai furori mediatici e dalle illusorie esperienze digitali della nostra contemporaneità.

Solo chi ha l’ulteriore privilegio di essere nonna o nonno può comprendere sino in fondo la bellezza di dare vita con i propri nipoti a una relazione in cui il dare e l’avere si contaminano a vicenda in un miracoloso arcobaleno di emozioni e reciproci apprendimenti, confondendo in modo fiabesco le età di chi ha denti removibili e chi da latte.

La nascita della festa dei nonni

Fu Marian McQuade, casalinga del West Virginia, nonna con 15 figli e 40 nipoti, la prima ad avere nel 1956 l’idea di dedicare una giornata nazionale alla festosa celebrazione degli anziani, con i quali lavorava. Ben ventidue anni dopo, nel 1978, l’allora Presidente americano Jimmy Carter proclamò che ogni prima domenica di settembre, dopo il Labor Day, fosse celebrata la festa nazionale dei nonni.

In Italia la festa dei nonni, istituita dal Parlamento nel 2005, cade il 2 ottobre, giorno in cui la Chiesa celebra gli angeli. Bello che sia così. I nonni, come gli angeli, a protezione della famiglia. Un patrimonio di amore e relazioni da preservare e da gestire con intelligenza, nell’assoluto rispetto dei ruoli.

La figura dei nonni moderni

La loro figura si è profondamente trasformata nel tempo. Tra i nonni di oggi, che hanno contribuito per decenni allo sviluppo economico del Paese, vi sono genitori ai quali è accollato l’onere di sostenere economicamente quei giovani, molti dei quali sposati e con figli, che hanno perso o non riescono a trovare lavoro e che vivono una mortificante condizione di precariato. Secondo una recente indagine Istat, il 37,8% dei nonni in pensione si occupa in modo sistematico dei nipoti quando i genitori lavorano. Si stima che se i nonni ricevessero uno stipendio, ammonterebbe a circa 2.350 euro mensili. I principali impegni consistono nell’accompagnare i nipoti o riprenderli all’asilo, a scuola, in palestra, dal medico, seguirli nei compiti.

Alcuni hanno fatto pace con internet e i social media quasi esclusivamente per avere maggiore complicità con i loro nipoti. Hanno infatti compreso che i ragazzi padroneggiano un alfabeto avveniristico che non solo loro, ma neppure i genitori e la scuola sanno usare in modo così disinvolto: sin troppo disinvolto e disarmato. L’impegno dei nuovi nonni 2.0, certamente non facile, è quello di ripristinare la simmetria sulla quale si basa da sempre la relazione educativa: un adulto che insegna, un giovane che impara; un adulto che impara, un giovane che insegna.

Questo sforzo intellettuale comprende anche la sollecitazione a discutere, la possibilità dei nonni, cioè, di avere più tempo da dedicare all’ascolto di ciò che i nipoti raccontano loro con gli occhi pieni di stupore e ingenuità. Anche quando raccontano in modo concitato i loro piccoli grandi problemi che sorgono a scuola con compagni e insegnanti e nella vita di ogni giorno. Tutto si rimpicciolisce quando viene tirato fuori. A volte basta il sorriso ironico di un vecchio nonno o quello dolcissimo di una nonna, per fare tornare a brillare gli occhi dei bambini.

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