La strada è premiare lavoro e impresa

I nuovi sostegni per famiglie e imprese varati dal Governo Meloni contro il caro energia ricalcano, in buona parte, quelli messi in campo dal precedente esecutivo Draghi, e non poteva essere altrimenti considerati i tempi strettissimi con cui l’ultimo Decreto Aiuti è stato scritto e approvato.

Alcuni meccanismi, inoltre, dalla proroga della riduzione delle accise sui carburanti al rinnovo del credito d’imposta per le imprese energivore, avevano effettivamente dimostrato la loro efficacia e dunque sarebbe stato controproducente rottamarli. Tuttavia, per provare a capire che forme assumerà la politica economica del nuovo Governo, conviene concentrarsi sui pochi – ma non irrilevanti – elementi di novità.

Prendiamo una misura concepita in primo luogo per puntellare il potere d’acquisto delle famiglie, eroso dall’incremento generalizzato dei prezzi di questi ultimi mesi, cioè la scelta di innalzare in modo significativo la soglia di esenzione fiscale dei cosiddetti «fringe benefit» aziendali. Le imprese potranno offrire beni, servizi o somme anche da destinare al pagamento delle bollette domestiche, per un valore fino a 3.000 euro, senza dover versare balzelli allo Stato. Si tratta di una possibilità in più per le aziende che vogliono sostenere i propri dipendenti, oltre che di uno stimolo alla contrattazione aziendale, in definitiva una coraggiosa scommessa sul welfare aziendale in un momento in cui il welfare pubblico è già chiamato a sforzi senza precedenti e al limite della sostenibilità.

Ora passiamo invece alle modalità con le quali si è scelto di affrontare la crisi energetica che attraversiamo. Sgravi fiscali e garanzie pubbliche a favore delle imprese energivore sono ancora tra gli strumenti privilegiati dal Decreto, certo, eppure non sono più gli unici. Il Governo Meloni introduce almeno un’altra strategia per accrescere la sicurezza energetica del Paese, cioè il maggiore sfruttamento delle riserve nazionali di gas da parte delle aziende del settore oil&gas. Riserve di metano che peraltro, nelle intenzioni dell’esecutivo, dovrebbero essere valorizzate per essere messe in un secondo momento a disposizione di altre aziende che operano in settori strategici del made in Italy (dall’acciaio alla ceramica, per esempio). Si tratta, in sostanza, di una liberalizzazione che fa affidamento sulla capacità produttiva degli stessi imprenditori per sostenere l’economia del Paese.

Sono soltanto due indizi, è evidente, tuttavia sarebbe sbagliato sottovalutarli, specialmente se confrontati con certi eccessi assistenzialistici visti all’opera negli ultimi anni quando si è tentato di aiutare (legittimamente) famiglie e imprese in difficoltà.

Cosa ne sarà di un simile promettente approccio nella prossima legge di Stabilità? Lo vedremo presto, considerati i tempi necessariamente contingentati in cui la finanziaria dovrà essere elaborata, discussa e approvata. Comunque il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha già evocato almeno due misure che vanno nella medesima direzione, quella cioè di premiare lavoro e imprenditorialità per alimentare la crescita: parliamo della cosiddetta flat tax e del taglio del cuneo fiscale. In entrambi i casi, peraltro, il responsabile di Via XX Settembre ha opportunamente precisato l’entità di questi interventi, definendo la flat tax «incrementale», cioè riservata all’incremento di reddito registrato nel 2022 rispetto ai tre anni precedenti, e specificando che sul cuneo fiscale si potrà compiere soltanto un primo e parziale alleggerimento. Prudenza fiscale, dunque, e una notevole fiducia nelle forze produttive del Paese: due principi ai quali è auspicabile continuare ad attenersi.

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