La strategia
della libertà

Tutto il mondo politico ha atteso il verdetto del Cts sull’eliminazione dal 28 giugno dell’obbligo di uso delle mascherine all’aperto e sulla riapertura delle discoteche, segnali espliciti e rassicuranti di una ritrovata normalità in questa estate a partire da luglio. Ma un leader tra tutti ha mostrato di essere particolarmente interessato: il capo della Lega Matteo Salvini. Il quale anzi ha rivelato di essersi «messaggiato» con qualche componente (chi?) del Comitato Tecnico Scientifico per chiedere «una decisione rapida» per consentire alle persone di «tornare a sorridere» perché ormai «fa caldo». È un copione abbastanza visto e rivisto da quando Salvini si è convinto che il modo migliore per battere la spietata concorrenza che gli sta portando Giorgia Meloni sia quella di cavalcare la richiesta «di libertà» degli italiani stufi, a suo dire, delle restrizioni anti-Covid. In effetti, mentre il Cts discuteva, Fratelli d’Italia continuava a bombardare palazzo Chigi accusando il governo come di consueto di essere in ritardo, di non prendere decisioni adeguate, ecc.

Dall’opposizione – e anzi dall’essere l’unico partito all’opposizione – quello di Meloni è un gioco facile e vecchio come il mondo: se il governo dice uno, tu dì sempre che non basta e che serve più uno, è una regola della politica e dalla propaganda. Ma dalla maggioranza e dal governo questa è una linea più difficile da sostenere. Salvini lo fa, i suoi ministri no, a cominciare da Giancarlo Giorgetti. Forse si tratta di una utile divisione di compiti tra il leader politico e i rappresentanti istituzionali del Carroccio, ma è una distinzione che Mario Draghi mostra di non apprezzare. Più volte il presidente del Consiglio ha fatto sapere, anche nei faccia a faccia, che non vuole essere sospinto verso decisioni azzardate in materia di pandemia da spinte politiche, e si è notato che ogni richiesta leghista dopo un lungo tira e molla è stata accolta solo in parte.

Del resto, come ricorda il ministro Speranza – cui tocca di fare l’attuatore della prudenza del presidente del Consiglio – anche ieri sera, quando ancora il Cts non si era espresso, continuava a ripetere il solito mantra: dobbiamo ascoltare il parere dei tecnici e dei medici. Stessa posizione da parte di Enrico Letta che consiglia a Salvini «un atteggiamento più istituzionale» e meno barricadero.

Però, come dicevamo, la concorrenza è dura da vincere e la Lega soffre nei sondaggi a tutto vantaggio di Fratelli d’Italia. L’unica soluzione per Salvini sarebbe la federazione con Forza Italia (il partito unico è una cosa che tutti sanno che non si realizzerà mai) che gli consentirebbe di entrare nella famiglia europea del Ppe di cui il partito azzurro è componente rispettato. Berlusconi ha fatto sapere di essere disposto a concedere questo passaporto a Salvini (un po’ come fece Craxi quando consentì al Pds di Occhetto di entrare nel partito socialista europeo) ma molti dei suoi sono contrari e temono di mettersi un padrone in casa. Anche se in flessione, la Lega è comunque un partito che sta sopra il 20 per cento mentre Forza Italia non tocca il 10. Insieme possono fermare Giorgia Meloni che pure non mostra di essere particolarmente preoccupata. Del resto sa che tra condomini si litiga di brutto ed è molto facile giocare sulle divisioni altrui. Come sulle mascherine e le discoteche: basta ascoltare Antonio Tajani per cogliere subito la differenza di accenti col suo possibile «federato» Matteo Salvini.

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