La tattica avvicina Meloni e Schlein

ITALIA. Ci sono due significati politici da rilevare nell’intesa bipartisan che ha condotto il centrodestra e il Pd ad una reciproca astensione sui rispettivi documenti parlamentari (mozioni) in materia di guerra tra Israele e Hamas.

Il primo dato significativo riguarda naturalmente la politica estera dell’Italia. L’astensione della maggioranza di governo sulla richiesta (contenuta nella mozione democratica) di una «immediata tregua umanitaria a Gaza» è un fatto nuovo nella linea del governo Meloni che finora aveva sempre rigidamente messo l’accento sul diritto di Israele all’autodifesa dopo la strage perpetrata da Hamas il 7 ottobre scorso.

Oggi però chiedere il cessate il fuoco per cercare di salvare le vite dei civili (soprattutto della città di Rafah in procinto di essere attaccata), per l’Italia significa sintonizzarsi con quanto va maturando nei Paesi europei e soprattutto negli Stati Uniti, tutti alleati di Israele ma anche tutti convinti che la strategia di Netanyahu costituisca una risposta «sproporzionata» alla strage di ebrei, secondo l’espressione usata dal presidente degli Stati Uniti, Biden, non a caso ripetuta dal nostro ministro Tajani che ha usato l’aggettivo «eccessiva».

E di «risposta sproporzionata», altro fatto indicativo, ha parlato pure il Segretario di Stato vaticano card. Parolin che ha anche definito «una carneficina» ciò che sta accadendo a Gaza. Insomma, se l’Italia non avesse fatto il passo compiuto l’altro giorno alla Camera, si sarebbe trovata davvero in una posizione di isolamento, e non sarebbe stato un bene da nessun punto di vista. Dunque proprio l’intesa bipartisan con l’opposizione ha potuto offrire a Giorgia Meloni il modo per aggiornare la linea nel modo più ragionevole, attraverso l’espressione della volontà parlamentare mediante un largo consenso di aula. Che i deputati di centrodestra non abbiano votato «sì» alla frase proposta dal Pd ma si siano limitati all’astensione, particolare che è stato rilevato criticamente dai giornali vicini ai Cinque Stelle come atto di ipocrisia, è invece un modo diplomaticamente intelligente per modificare gradualmente la rotta sulla base di un impegno espresso dal Parlamento mediante, appunto, una mozione. Questo ha probabilmente evitato una brusca reazione dell’ambasciata israeliana, attivissima in questi giorni nello stilare duri comunicati verso questo o quello.

Secondo elemento interessante, questa volta di politica interna. L’intesa bipartisan è arrivata da un contatto diretto tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein che ha, su un tema cruciale di politica internazionale, messo al centro l’iniziativa comune di due leader contrapposte ma che si riconoscono e si legittimano. Due leader che sulla guerra medio-orientale vengono criticate da alleati e avversari per ragioni uguali ed opposte.

Tanto per dire: la segretaria del Pd è considerata troppo attenta alle bandiere arcobaleno della pace da alcuni settori del suo stesso partito ma nello stesso tempo è criticata dai Cinque Stelle come troppo prona alla linea atlantista sia su Israele che sull’Ucraina. In qualche modo la stessa Meloni, sulla guerra, ha accanto un leader alleato che non perde occasione per esprimere dubbi e riserve.

Ecco, in questa intesa raggiunta con un paio di telefonate, Giorgia ed Elly si sono prese tutta la scena mettendo per un giorno ai lati sia Salvini che Conte. Non sarà un atto di sorellanza, certo, ma di sicuro una reciproca convenienza tattica in vista delle prossime elezioni europee.

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