La vittoria di Trump e il futuro dell’Europa

MONDO. «L’accordo del 5% è una vittoria monumentale degli Usa. Ce l’ho fatta». Questa volta è difficile dar torto a Donald Trump, che ha così commentato la firma dell’accordo che era al cuore del summit Nato dell’Aja, ovvero l’innalzamento delle spese militari dei Paesi membri alla soglia appunto da sempre sognata dal presidente Usa, con la ripartizione già annunciata: 3,5% per le spese militari vere e proprie, il restante 1,5% per le infrastrutture.

Note stonate? Poche. In realtà solo quella della Spagna, che insiste per investire solo il 2,1%, spalleggiata dall’Ungheria di Orban e dalla Slovacchia di Fico che, più che altro, sperano di farsi coprire dalle più robuste spalle di Pedro Sanchez. Trump ha già reagito a modo suo, minacciando di imporre alla Spagna dazi commerciali doppi. Ma in casa Nato l’euforia è tanta e il problema spagnolo è stato per ora accantonato come non decisivo.

Trump ha ragione anche in un altro senso, quello segnalato dal messaggio che Mark Rutte, segretario generale dell’Alleanza, gli aveva inviato alla vigilia del summit. Quello in cui si dice che «l’Europa pagherà alla grande e sarà una tua vittoria». Al di là del tono, a dir poco imbarazzante, c’è il riconoscimento (peraltro replicato anche da leader come Emmanuel Macron) del fatto che l’Europa ha tuttora un gran bisogno degli Usa per sentirsi sicura. Il «secolo americano», così discusso in diverse parti del pianeta, è ancora saldo nel Vecchio Continente e Trump (che non a caso paragona gli attacchi dei B52 Usa sull’Iran a quelli del 1945 su Hiroshima) ha di fatto ricevuto un omaggio collettivo. Non per sé, perché su questa sponda dell’Atlantico pochi lo amano, ma per ciò che rappresenta.

The Donald ha ringraziato. Nel comunicato finale del summit si legge che «gli alleati riaffermano i loro impegni sovrani a fornire supporto duraturo all’Ucraina, la cui sicurezza contribuisce alla nostra, e a tal fine includeranno contributi diretti alla difesa dell’Ucraina e alla sua industria della difesa nel calcolo della spesa per la difesa degli alleati», e ci pare che il testo risponda a un sentimento europeo più che americano. Inoltre, incontrando la stampa alla fine del summit, Trump ha detto che «la Russia potrebbe non fermarsi all’Ucraina», e anche questa ci pare più una concessione agli europei (che con questa teoria giustificano appunto le spese militari) che una convinzione della Casa Bianca.

La forza militare

L’euforia dei Governi europei, però, maschera anche una sottile inquietudine. Gli americani sono i primi a sapere che, al momento, è ancora il loro apparato militare a risultare decisivo in Europa. Adesso, però, in perfetta continuità tra la presidenza Biden e quella Trump, sono riusciti in un doppio capolavoro: hanno staccato completamente l’Europa dalla Russia, evitando quell’alleanza tra estrattori e trasformatori che per lungo tempo è stata un incubo per gli strateghi americani; e hanno usato la Russia come spauracchio per spingere l’Europa al riarmo.

Usa più libera di agire

Questo vuol anche dire, però, che da oggi gli americani hanno le mani più libere. Un’Europa militarmente più forte e attrezzata vuol anche dire un’Europa più responsabile del proprio destino e della propria sicurezza. Un’Europa, quindi, che potrebbe anche essere abbandonata al proprio destino se, domani, la Casa Bianca stabilisse che le sue priorità in fatto di interesse e sicurezza nazionale si trovano altrove, per esempio in quell’Indo-Pacifico dove il confronto con la Cina per il predominio globale si fa di giorno in giorno più aspro.

È piuttosto chiaro che Trump e la sua amministrazione vorrebbero smettere di occuparsi dell’Ucraina, o perlomeno di ridurre l’impegno. Così come, pur spalleggiando Israele, hanno cercato di risolvere la partita con l’Iran nel più breve tempo possibile

Qualche accenno l’abbiamo già notato. Lo sguardo della Casa Bianca è puntato su Pechino, cioè su quella che viene considerata (fin dai tempi di Barack Obama) come l’unica vera «minaccia esistenziale» (definizione di moda, cara sia a Putin sia a Netanyahu) al primato degli Stati Uniti. Potrebbe quindi arrivare il giorno in cui l’Europa si sentirà dire: avete le armi, difendetevi. Per quel momento sarà bene farsi trovare un po’ più organizzati di così.

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