L’aula vuota per il Mes: commedia italiana

POLITICA. Nessun problema può essere risolto congelandolo, diceva Winston Churchill. Non aveva previsto il Parlamento italiano della 18ª legislatura e il suo governo, che ha congelato il problema del Mes, rinviando la decisione della ratifica di quattro mesi. Ancora una volta.

Ieri il Parlamento offriva una plastica visione di quanto il Meccanismo europeo di stabilità (detto anche Fondo salva Stati) interessi i nostri politici. Sparsi nell’emiciclo di Montecitorio c’erano quattro gatti, 19 per la precisione, nonostante per l’occasione la discussione in aula fosse guidata dal presidente Lorenzo Fontana. Il partito di maggioranza, Fratelli d’Italia, aveva 6 valorosi presenti. La Lega nessuno, mentre Forza Italia ne aveva 2. Per le opposizioni i 5 Stelle erano presenti con 5 deputati. Più consistente la partecipazione del Pd, con 8 deputati, che in proporzione potremmo definire un’affluenza di massa. Se la politica italiana voleva dare un segnale di disinteresse verso questo organismo europeo che prevede un fondo di 700, dicasi 700 miliardi di euro di dotazione, con un plafond di 500 miliardi in caso di impiego in Italia (pari a 10 e più manovre economiche), c’è riuscita benissimo. Eppure un dibattito su questo argomento sarebbe stata una lezione di democrazia, perché pochi sanno di che cosa si tratta ed è probabile che non ci sia molta differenza tra i deputati e i comuni cittadini.

Ma la disinformazione o l’ignoranza, in politica, può essere funzionale. Eppure andrebbe fatta chiarezza su questa misura ratificata da tutti i Paesi dell’Unione che fanno parte di quest’organismo, compresa la Croazia, l’ultima ad aggiungersi. Manchiamo solo noi. I più furbi di tutti? Da quando è entrato in carica, il governo ha rimandato la questione come i suoi predecessori, anche con decisioni insolite come quella di non presentarsi al voto in Commissione. Ma c’è una ragione al fondo di questo comportamento: bocciare platealmente la ratifica, infatti, sarebbe una mossa decisamente mal vista a livello internazionale e con possibili conseguenze sulla credibilità economica dell’Italia. Approvarla, sarebbe uno smacco per i partiti che vi si sono sempre opposti, come la Lega.

Per sapere che cos’è il Mes basta cliccare sul sito della Banca d’Italia, scoprendo che può offrire assistenza tramite la concessione di prestiti, ricapitalizzazione di titoli, acquisto di titoli di Stato sul mercato e apertura di linee di credito precauzionali, con l’ultima riforma anche direttamente alle banche (è quel che ha fatto la Spagna). Ogni intervento è di solito accompagnato da promesse di riforme economiche e fiscali da parte dei Paesi richiedenti: si chiama «cash-for-reform», soldi in cambio di riforme. Ecco il punto critico: quali riforme? Il problema è che quando si accede agli aiuti la politica economica nazionale è posta sotto un programma di aggiustamento macroeconomico, ma soprattutto sotto la supervisione dell’organizzazione e di altre istituzioni internazionali come il Fondo monetario internazionale, la Banca centrale europea e la Commissione europea (la cosiddetta Troika). Questa supervisione diventa meno stringente nel caso delle linee di credito precauzionali, destinate a Paesi in condizioni economiche e finanziarie fondamentalmente sane ma colpiti da shock avversi. Un altro problema è che per quanto riguarda le linee di credito precauzionali la recente riforma del Mes conferma la differenza già esistente tra quella «semplice» (Precautionary conditioned credit line, Pccl) e quella «a condizionalità rafforzata» (Enhanced conditions credit line, Eccl): la prima è riservata ai Paesi che rispettano le prescrizioni del Patto di stabilità e crescita, che non presentano squilibri macroeconomici eccessivi e che non hanno problemi di stabilità finanziaria, mentre la Eccl è destinata ai Paesi che non rispettano pienamente i suddetti criteri e ai quali pertanto vengono richieste misure correttive. Noi, appunto.

La verità è che l’Italia non è abbastanza debole da poter accettare la perdita di sovranità in cambio di un prestito (come hanno fatto la Grecia, l’Irlanda e Cipro) ma nemmeno abbastanza forte (dato il suo debito pubblico, il secondo più grande del mondo) da non aver alcuna ragione di temerla, come la Francia e la Germania. Inoltre la maggioranza sposta la notte più in là per un’altra ragione: essendo il Mes legato al Patto di stabilità e ai vari vincoli economici (il famigerato 3 % del Pil di deficit etc.) non è prudente ratificarlo fino a quando non ci sarà l’attesa riforma dei vincoli di Maastricht. Che però può avvenire tra mesi. Fino a qual momento dunque meglio gettare la palla in tribuna. Con il piccolo spiacevole particolare di continuare a rappresentare questa tipica commedia all’italiana agli occhi dell’Europa.

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