Lavoro, le misure a tragedia avvenuta

ITALIA. A poche ore dalla strage del cantiere di Firenze, quando ancora si cerca un disperso, il ministro del Lavoro Marina Calderone promette maggiori ispezioni, addirittura le quantifica (il 40 per cento in più) ma le tragedie sul lavoro non sono certo una novità.

Non potevamo pensarci prima? Sono anni, se non decenni, che si parla di «morti bianche», quelle ufficiali e quelle nascoste, i cosiddetti «invisibili» che faticano in nero. Secondo l’Osservatorio Nazionale morti sul lavoro di Bologna solo nel 2023 il dato complessivo parla di 1.485 morti, più di quattro ogni giorno, per non parlare delle vittime «in itinere», ovvero durante il tragitto casa-cantiere. La regione Lombardia risulta essere quella più colpita, con 123 morti nel 2023.

Siamo solo a febbraio e il numero degli occupati che con il nuovo anno hanno perso la vita in Italia è già a quota 145. Ma se prendiamo l’ultimo quindicennio non cambia nulla: dal primo gennaio 2008 al 31 dicembre 2023 si contano 21.050 morti. La media delle vittime è del tutto simile a quella di 15 anni fa, anzi è in crescita. Questo significa che i progressi nel campo della sicurezza non ci sono stati: quella delle vittime sul lavoro è una giostra di morte, una danza macabra collettiva che ricomincia ogni anno e ritorna allo stesso punto, per poi ricominciare nell’indifferenza generale, a parte i titoli dei giornali quando lo stillicidio diventa strage di tre o più vittime. Eppure ,come ha ricordato tante volte il Capo dello Stato Mattarella, gli incidenti di questo tipo non sono quasi mai una fatalità. L’obiettivo di uno Stato di diritto dovrebbe essere zero vittime e invece dopo anni in cui il fenomeno registrava una leggera curva discendente per via della pandemia è tornato ad assumere le stesse proporzioni. Il contesto? La crisi economica, la poca vigilanza, una visione ottusa di tanti datori di lavoro ma spesso anche la scarsa attenzione e vigilanza delle rappresentanze aziendali che dovrebbero comportarsi come un pungolo e non concedere attenuanti a chi non rispetta le norme di protezione.

Anche tenendo fuori il caso Firenze, poiché la magistratura accerterà le cause e le responsabilità di quella tragedia, in generale possiamo dire che le cause sono sempre le stesse. Al primo posto la mancata osservanza della normativa (la legge 81/208), che sulla carta è fatta bene, ma che non viene rispettata, soprattutto nel sottobosco delle cooperative selvagge che operano in regime di subappalto. Se la grande impresa esternalizza i suoi cantieri, in caso di incidente ovviamente rischia poco o nulla, al massimo emette un comunicato in cui esprime il suo profondo cordoglio, mentre le cooperative pirata sopravvivono per breve tempo, per poi sparire nel nulla. Nel frattempo la cooperativa ha fatto lavorare i propri operai in nero, che significa non solo evitare pagare le tasse e i contributi, ma soprattutto non rispettare le norme – spesso anche quelle più elementari - di sicurezza. Addirittura cambiandogli il contratto da edili a metalmeccanici per risparmiare sui costi della sicurezza.

Eppure la vita umana non ha prezzo. Ed è certamente l’orizzonte in cui si muove una moltitudine di datori di lavoro onesti e innovatori. Non tutti però. Deve prevalere una cultura d’impresa meno cinica e avida, capace di guardare oltre il fatturato dei prossimi mesi. Una cultura d’impresa che non considera il diritto alla salute e il diritto alla vita come un ostacolo per i ricavi e gli utili ma l’elemento complementare dell’attività economica, capace di produrre risultati ancora migliori, perché è dimostrato che un clima sereno e in sicurezza contribuisce all’aumento della produttività. Quanto alla politica, può certamente fare di più. Soprattutto, dovrebbe evitare di lisciare il pelo ai costruttori un po’ troppo insofferenti alle regole. Il populismo è un veleno per la sicurezza sul lavoro. La riforma del codice degli appalti ha reintrodotto il subappalto a cascata, che scarica sempre più in basso le responsabilità della protezione dei lavoratori e contemporaneamente – man mano si scende nella catena delle cooperative in appalto - allenta le maglie della sicurezza. Spiace che lo dicano solo i sindacati. Dovrebbe essere una denuncia collettiva e invece si sente solo ogni tanto qualche voce nel deserto, quasi sempre a tragedia avvenuta.

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