Le lobby arrabbiate, ma Meloni guarda al voto

IL COMMENTO. Se lo guardiamo dal punto di vista dell’interesse elettorale, l’anatema lanciato dall’a.d. di Ryanair Eddie Wilson contro il governo italiano, reo di voler porre un freno al caro-biglietti aerei, è come il formaggio sui maccheroni. Wilson, col suo solito modo sbrigativo, ha detto addirittura che in Italia comandano «i sovietici», forse non rendendosi conto della infelicità della battuta rivolta contro un governo di destra.

Ma la protesta del capo della compagnia aerea irlandese, così arrogante e destinata ad essere girata a Bruxelles (che infatti ha subito chiesto «chiarimenti» ricordando che «la cosa migliore è far fare ai mercati») fa esattamente il gioco della maggioranza di governo che può così presentarsi come paladina dei diritti degli utenti - specialmente dei residenti nelle sue isole maggiori e dei turisti che vi si recano per le ferie estive - vessati dagli algoritmi che hanno portato alle stelle il costo dei biglietti (senza contare la pratica scorretta dell’overbooking che lascia a terra chi è «di troppo» magari rovinandogli la vacanza o ostacolando impegni di vita e di lavoro). In Sicilia e Sardegna probabilmente se ne ricorderanno quando, nella prossima primavera, si andrà a votare per le Europee: non a caso anche il governatore di Palermo Schifani ha tuonato contro Williams e le sue minacce.

Ora, è noto che le compagnie aeree rappresentano una formidabile lobby di interessi, sia nazionale che internazionale. Ma non altrettanto influente quanto le banche. Ieri Giorgia Meloni in un video ha rivendicato il provvedimento che tassai i superprofitti degli istituti di credito i quali (non tutti, per fortuna) avendo la Bce aumentato per nove volte i tassi di interesse sui mutui e i prestiti, e quindi gonfiato gli utili delle banche, hanno «dimenticato» di adeguare contemporaneamente i tassi che devono pagare a chi deposita il proprio denaro in banca. Il consumatore è così mazziato due volte: riceve quattro spiccioli per i soldi che ha risparmiato mentre vede la rata del mutuo salire a livelli in moltissimi casi non più sostenibili. Per questo il governo ha messo un tassa sugli extraprofitti che è destinata (sono circa due miliardi) ad aiutare i mutuatari e le famiglie in difficoltà. A buon ragione a Palazzo Chigi si sono potuti vantare di non fare l’interesse delle banche a differenza degli esecutivi precedenti (indice puntato soprattutto su Giuseppe Conte per il capitolo superbonus e per il Pos obbligatorio): la polemica della destra verso una sinistra «asservita ai poteri forti» data da molti anni ormai e ora può arricchirsi di un altro capitolo. Peccato che non si sia capito bene come la pensasse il ministro del Tesoro Giorgetti sulla manovra: secondo alcuni era contrario - e la prova sarebbe che non si è presentato in conferenza stampa a spiegare ai giornalisti la misura - mentre secondo il braccio destro di Meloni, Fazzolari, era talmente d’accordo da aver scritto lui la norma. Misteri. Quanto ai banchieri, vengono descritti come molto arrabbiati e decisissimi ad ottenere un ammorbidimento della misura (e su questo si continua a sospettare che l’Abi giochi di sponda proprio con Giorgetti, ma sono ancora dietrologie).

Come si vede, compagnie aeree e banchieri sono arrabbiati con la destra. E, notizia, anche gli amici taxisti non sono per nulla soddisfatti delle ultime misure del governo: hanno ottenuto sì la cancellazione della possibilità di cumulo delle licenze ma a loro non basta, vogliono che sparisca anche l’aumento del 20% delle auto pubbliche.

Lobby arrabbiate, segmenti elettorali in rivolta: Giorgia Meloni va avanti per la sua strada aspettando di vedere se il dare e l’avere dei suoi conti elettorali a primavera la favorirà oppure no.

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