L’economia non aspetta: è ora di agire con grinta

Nella sua prima intervista da premier, rilasciata a Pasqua al direttore del Corriere Fontana, Mario Draghi ha scelto la retorica del bicchiere mezzo pieno. Il senso complessivo è l’esortazione agli alleati di governo di valorizzare i buoni risultati anziché discuterli continuamente.

Sarà anche scontato che un capo di Governo debba spargere serenità, ma forse è troppo poco. Siamo in un anno preelettorale (anzi a giugno c’è chi, come i 5S, si gioca già l’esistenza) e nessun partito può limitarsi a elogiare la bellezza dello stare insieme, per di più mentre si va verso una accentuazione della proporzionalità nelle regole. L’abilità dei vari partiti, che in questo ne sanno più dell’ex presidente Bce, sta tutta nel trovare un punto di equilibrio tra la propria visibilità e l’ineluttabilità del tutti insieme poco appassionatamente. Giudichino poi gli elettori su certe ipocrisie, visto che tutti concordano sul fatto che sarebbe demenziale far cadere il governo con l’emergenza sanitaria ancora non chiusa e la tragedia della guerra in Europa.

Soprattutto, la parte vuota del bicchiere non può essere ignorata. L’economia è in difficoltà non per mancanza di domanda, ma per impossibilità di dare risposte. Il presidente di Confindustria sostiene che presto un 50% di imprese sarà costretto a fermarsi perché aggredite da costi impazziti. L’agricoltura soffre. L’export ha alcune porte bloccate.

Proprio per questo, Draghi – almeno ancora per i prossimi mesi – non dovrebbe sprecare l’occasione per qualche forzatura, almeno verso gli atteggiamenti più strumentali. In certi campi è quasi un «ora o mai più».

Draghi ricorda di aver elargito 20 miliardi per ridurre le bollette, e la cifra è di per sé impressionante (potremmo quasi azzerare l’Irap), ma la politica dell’energia va rivoltata come un calzino dopo decenni in cui è stata allegramente assente perché tanto c’era Putin e potevamo fare tutto e il contrario di tutto, ricevendo Greta come un capo di Stato, ma bloccando burocraticamente qualunque impianto di rinnovabili o scandalizzandoci per accenni al nuovo nucleare. Proprio per questo, Draghi – almeno ancora per i prossimi mesi – non dovrebbe sprecare l’occasione per qualche forzatura, almeno verso gli atteggiamenti più strumentali. In certi campi è quasi un «ora o mai più».

L’Italia ha ricevuto nei giorni scorsi altri 21 miliardi dell’acconto sul Recovery europeo, ma le riforme che possono davvero giustificarli segnano il passo, o rischiano per un voto in meno in Commissione. Per la concorrenza c’è l’ammuina dei tempi lunghi e degli ammiccamenti a questa o quella corporazione. Le opere pubbliche hanno ancora iter troppo lunghi. Sulla Giustizia, il ministro Cartabia sembra non avere un’autorevolezza politica pari a quella personale. La corporazione dei giudici politicizzati manda segnali talora anche di arroganza, dopo decenni in cui ha spadroneggiato.

Il fisco è sempre il palcoscenico per lucrare voti. La vicenda del catasto ha ormai del patetico, perché nessun testo legislativo parla di aumenti della fiscalità sulla casa, ma ogni giorno viene proclamata. La questione pensioni è sempre incerta e ormai deve fare i conti con una inflazione che sale vigorosamente verso le due cifre.

Sono tutti capitoli del Pnrr, e vanno attuati. Le verifiche dei tecnici Ue delle scorse settimane sono andate bene, ma il tempo scorre e i leader politici europei chiederanno presto cose concrete, non progetti di legge, visto che siamo il Paese che ha più ricevuto aiuti dal debito comune europeo (si dice dopo le immagini delle bare di Bergamo). Gli stessi partiti che hanno sottoscritto questo patto basato su miliardi in cambio di riforme, confermandole in Consiglio dei ministri, non possono far poi tutto il contrario. È questione di serietà e chissà che le prossime elezioni, dopo il fallimento populista, arrivino a premiare chi si comporta responsabilmente. Mario Draghi, che nell’intervista respinge ogni ipotesi di candidatura, è nelle condizioni di ammonire credibilmente e di denunciare certa propaganda. Ma occorre grinta.

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