L'Editoriale
Martedì 09 Dicembre 2025
L’Europa alle strette, non ci sono scorciatoie
MONDO. Abbiamo vissuto troppo bene in passato, tanto da riposarci sugli allori e perdere di vista gli sviluppi che ci circondano. Il ceo di Deutsche Telekom guida un’impresa di 115,8 miliardi di fatturato, 216 milioni di abbonati sul mobile e 25 milioni sul fisso. Nel mondo.
Vent’anni fa era semi-decotta poi è arrivato Tim Höttges. Solo al comando, ha osato e si è assunto il rischio. Se andava storto pagava lui. Un lusso che l’Europa non può concedersi. Troppe teste, decisioni sofferte e regolarmente in ritardo. In questi casi per uscire dal torpore serve un colpo esterno. Quello che per Deutsche Telekom era lo spettro del fallimento, per l’Europa sono Putin, Trump e Xi Jinping . Sudditanza e irrilevanza. Vogliamo continuare con i litigi, le invidie, il richiamo costante alla sovranità messa a rischio da Bruxelles. Benissimo, non avremo ingerenze dai vicini francesi, ai tedeschi lasciamo i loro pregiudizi e agli olandesi gli sgambetti e le malignità . Poi alla mattina ci alziamo e andremo a baciare la pantofola dell’autocrate russo, americano o cinese. O pensiamo che l’Italia da sola abbia potere contrattuale per tener testa ai tre giganti in attesa del quarto sulle sponde dell’Oceano Indiano?
Benissimo, non avremo ingerenze dai vicini francesi, ai tedeschi lasciamo i loro pregiudizi e agli olandesi gli sgambetti e le malignità . Poi alla mattina ci alziamo e andremo a baciare la pantofola dell’autocrate russo, americano o cinese.
In Germania stanno misurando l’abisso che li attende. A Wolfsburg, dove batte il cuore dell’auto in Europa, si sono improvvisamente resi conto che hanno perso autonomia. A Pechino si decide se le terre rare per le batterie possono essere concesse, se i microchips sono esportabili, se l’high tech per l’auto a guida autonoma sia accessibile, se l’auto elettrica marca Volkswagen possa lasciare le fabbriche cinesi dove viene costruita. È questa la sovranità industriale che andiamo vagheggiando? Peggio Bruxelles con le infinite norme e prescrizioni o un luogotenente cinese il cui primo pensiero è trovare sbocco alla sovrapproduzione del gigante asiatico con un mercato di più di 400 milioni di consumatori? Con trattative strettamente nazionali dove il rapporto nel caso italiano è 60 milioni contro un miliardo e mezzo di abitanti ? Eppure in Europa la mollezza nutrita per decenni da un benessere diffuso, dove il piacere viene prima del sacrificio e i diritti prima dei doveri, ci porta alla ricerca della scorciatoia.
Eppure in Europa la mollezza nutrita per decenni da un benessere diffuso, dove il piacere viene prima del sacrificio e i diritti prima dei doveri, ci porta alla ricerca della scorciatoia.
In questi giorni il capo del governo del Land tedesco del Mecklenburg Vorpommern deve rispondere ad una commissione d’inchiesta per finanziamenti illeciti della Russia. È in questa regione che trova sbocco il terminale del gasdotto North Stream 2. Il governo del Land da sempre lo sostiene e quando gli americani hanno detto no, Manuela Schwesig si è opposta fino all’ultimo. Socialdemocratica, ha guidato fino al 2022 la piccola regione del Nord della Germania, con un occhio ben chiaro rivolto a Mosca. Segue una linea di pensiero e politica diffusa nel suo partito. Quella dell’ex cancelliere Gerhard Schröder, amico di Putin. Appena lasciata la cancelleria a Berlino nel 2005, non ha esitato ad accettare l’incarico di chairman di Nord Stream AG e della russa Rosneft. In Germania era sottotraccia il pensiero che l’integrazione economica fra una nazione industriale avanzata e i bassi prezzi del gas russo era il giusto mixing per il successo tedesco nel mondo. Poi la sovrapproduzione dell’apparato industriale tedesco sarebbe finita sul mercato cinese. Il tutto con un sottile sentimento antiamericano. I simpatizzanti di Putin non sono quindi solo nelle file degli estremisti di AfD e della Linke ma anche nella Spd, partito di governo. In Italia sul tema siamo ancor più chiari. La Lega non perde occasione per marcare le differenze. Le istituzioni in Germania sono coerenti nella loro condanna dell’aggressione russa, ma il sentire profondo soprattutto all’Est di certo non è contro Putin. E per le prossime elezioni chi vuole un’Europa debole può contare sulla tiepidezza e incertezza dell’elettorato.
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