L’immobilismo non ha più spazio

La violenza ostacola la ripresa del Paese. Le parole del presidente della Repubblica a Pisa sono il monito del buon senso ad una violenza immotivata. Forse troppi hanno dimenticato che il rilancio dell’economia era solo un anno fa una chimera. Il 2020 ha registrato un calo del prodotto interno lordo del 9%. L’Italia è l’unico Paese in Europa che ha introdotto l’obbligatorietà del certificato verde al lavoro. La risposta della Lombardia è esemplare. Sono 16,5 milioni i green pass nella regione più industrializzata d’Italia.

La maggioranza degli italiani ha capito che le vaccinazioni sono l’assicurazione sulla vita per il mondo produttivo e quindi per la ripresa economica. Se la misura sarà applicata con efficacia, l’Italia sarà la prima economia in Europa a ripartire in sicurezza mentre gli altri sono nell’incertezza. È un vantaggio sui concorrenti inusitato. Anche il New York Times se n’è accorto.

Ma ora sul piano politico il Paese è in mezzo al guado: il populismo sta rialzando la testa. Il portavoce dei portuali di Trieste parla del certificato verde come di una misura criminale. Sono poche decine di migliaia i no vax, come nota Berlusconi, ma fanno rumore. I vaccinati, oltre l’ 80% della popolazione adulta, sono però la maggioranza silenziosa che opera e non grida.

La fermezza del presidente della Repubblica e del presidente del Consiglio trova il loro consenso. Mario Draghi viene dalla scuola di Francoforte. Con la sua azione di governo ha generato un salto di qualità nell’offerta politica. Prima di prendere delle decisioni, il capo dell’esecutivo si documenta, si consulta e si accorda con chi di dovere ma poi quando la decisione è presa si procede.

È la prassi comune dei governi occidentali e delle democrazie che sanno decidere. La stabilità nasce così. In Germania i cancellieri restano in carica per più legislature perché rassicurano con il fare. In Francia i presidenti possono cambiare ogni cinque anni ma una volta al potere il Paese si aspetta di essere guidato. L’ Italia non è abituata. Viene da una cultura di governo vocata alla mediazione estrema. L’obiettivo dei governanti è poter accontentare tutti anche a costo di non decidere e di rimandare. Il compromesso al ribasso è il risultato. In una società votata all’immobilismo, l’instabilità politica è funzionale. Questa è stata l’Italia degli ultimi trent’anni come la scarsa crescita del Pil, il calo degli indici di produttività e il forte indebitamento stanno a dimostrare. La difficoltà ad introdurre una riforma elettorale che garantisca la stabilità e quindi un’azione di governo sicura e non votata a decisioni di corto respiro ne è il sigillo. Per quest’ Italia non vi è più spazio. Sono troppe le decisioni da prendere per mettere in sicurezza il Paese. Anche Salvini, riluttante sostenitore del governo nelle aule parlamentari, deve al dunque convenire. Le scadenze legate agli investimenti e alle riforme sono stringenti. Tutto questo non cancella il malessere. Nel ceto medio impoverito, nel precariato e in quella parte della popolazione che una volta si chiamava sottoproletariato regna insoddisfazione. La protesta dei no vax trova qui un terreno favorevole.

Il ministro degli interni Luciana Lamorgese ne è rimasta condizionata e ha ceduto ai tamponi gratis. Ma ha dovuto ricredersi. I tempi sono cambiati. Non si concede sottobanco ciò che un atto dell’esecutivo ha negato. La cultura di governo centro-europea sta entrando nel panorama politico italiano. Anche questa è una piccola rivoluzione. Un’azione amministrativa coerente e affidabile è la premessa per una crescita sostenuta e stabile. Solo il lavoro può riportare la speranza a chi pensa di averla perduta.

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