Lo scontro sullo sciopero e quei toni impensabili in altri tempi politici

ITALIA. Un tempo, al tempo della Prima Repubblica, di fronte ad uno sciopero generale indetto da Cgil-Cisl-Uil, i governi si dimettevano. Oggi vi trovano motivo di rafforzamento politico ed elettorale.

Lo scontro durissimo tra il ministro delle Infrastrutture e leader della Lega Salvini e (soprattutto) Matteo Landini – scontro che coinvolge la Commissione di Garanzia, e vedremo subito perché – ha un forte sapore politico. Spieghiamoci meglio. Salvini ha contestato sin dall’inizio e con toni molto aspri lo sciopero indetto per il 17 novembre da Cgil e Uil contro la manovra economica (Slogan: «Adesso basta!»). Le modalità della mobilitazione, secondo il ministro, non sono corrette, e non solo perché l’astensione è stata proclamata (ancora una volta) di venerdì, ma perché non la si può considerare uno sciopero generale. Va ricordato che l’agitazione è spalmata su cinque giornate, e non una soltanto, coinvolge di volta in volta gruppi di regioni e - tutti insieme il 17 novembre - i lavoratori dei trasporti, del pubblico impiego e della conoscenza.

Ora, va ricordato che nello sciopero generale non valgono le deroghe per i servizi pubblici (per esempio i lavoratori dei trasporti possono astenersi dal lavoro per otto ore e non solo per quattro come nello sciopero di settore, e allo stesso tempo non vige il principio della «rarefazione» delle proteste).

Di fronte alla diatriba è intervenuta la Commissione di Garanzia che ha dato ragione a Salvini ordinando ai sindacati di rimodulare l’agitazione. Salvini, confortato dal parere del Garante, ha dichiarato: «Il capriccioso Landini messo in castigo!».

Ma i sindacati hanno annunciato che non ottempereranno al verdetto del Garante pur rischiando multe salate (fino 100mila euro per sigla sindacale). Landini ha risposto per le rime al capo leghista: «Qui si mette a rischio un diritto costituzionale, motivo in più per scioperare». Ora si tratta di vedere se il ministero arriverà alla misura-limite di precettare i lavoratori dei settori interessati (soprattutto trasporti, vigili del fuoco, ecc.).

Sul fronte politico le opposizioni hanno posizioni solo in parte collimanti: il Pd si è schierato con Cgil e Uil sostenendone la protesta contro la manovra e contro «i primi frutti del premierato», mentre il M5S, pur dichiarandosi a favore delle ragioni dello sciopero, e cioè la contestazione alla manovra economica, non ha contestato le decisioni della Commissione di Garanzia sulla cui imparzialità invece ha sollevato dubbi più di un dirigente democratico (primo l’ex ministro del Lavoro Andrea Orlando).

Conclusione. Dallo scontro Salvini ritiene di poter lucrare un dividendo politico schierandosi «dalla parte di milioni di famiglie di italiani» messi in difficoltà «da un pugno di iscritti al sindacato». Viceversa il sindacato, soprattutto Cgil e Uil, si aspetta di essere considerato il vero scoglio contro cui si vanno ad infrangere le politiche della destra al governo.

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