Lo sviluppo dell’Africa e gli imperi in competizione

MONDO. Lo sviluppo dell’Africa è una delle grandi sfide del XXI secolo. Non per niente vecchie e nuove potenze mondiali stanno lanciando propri programmi di cooperazione e assistenza attraverso l’organizzazione di summit e forum internazionali. Le cifre investite sono ormai imponenti.

Sorge ora una domanda: sarà questa la volta buona in cui si riuscirà a portare il benessere nel «continente nero»? Qualcosa sta cambiando nella «nuova frontiera» dei mercati globali, dove il 60% della popolazione oggi ha meno di 25 anni. Vi è localmente il tentativo di organizzare entro il 2030 un’area di libero scambio africana che comprenderà 1,3 miliardi di persone con un Pil di 2,5 trilioni di dollari. È stata pure preparata una «Agenda 2063» per le trasformazioni socio-economiche.

Utilizzando varie formule Francia, Stati Uniti, Unione europea, Cina e Russia stanno facendo la loro parte. Il lavoro da portare a termine è, però, semplicemente mastodontico come enormi sono le urgenze da affrontare. Stilando una lista, non in ordine di importanza: lotta ai cambiamenti climatici, sicurezza alimentare, stabilità economica e riduzione della povertà, sconfitta del terrorismo e blocco delle rivolte armate, produzione e trasporto di energia, costruzione di infrastrutture, costituzione di istituzioni finanziarie per lo sviluppo industriale e per il risparmio privato. Neocolonialismo in salsa europea, imperialismo all’americana, espansionismo alla cinese, allargamento alla sovietica sono alcune delle etichette che i giocatori in competizione attaccano addosso agli sforzi dei concorrenti. Si tende così a far sorgere il dubbio che, come un tempo, l’interesse principale di tali potenze è rappresentato solo dalle ricchezze africane, soprattutto minerarie, che alla fine dopo tante belle parole, verranno trasferite ai Paesi industrializzati. E buonanotte ai buoni propositi.

La tragedia russo-ucraina ha aggravato l’emergenza alimentare delle fasce più povere del «continente nero». A San Pietroburgo il Cremlino ha organizzato un suo forum per dare impulso all’inserimento russo nella corsa all’Africa e per offrire la propria versione dei fatti sul mancato rinnovo dell’accordo del grano con Kiev. Rispetto al forum nel 2019 i leader africani presenti erano solo 17 rispetto ai 45 di 4 anni prima. Un Putin, difensore della multipolarità anti-occidentale, si è offerto di regalare il grano russo ai Paesi poveri africani. Mosca si pone in prima fila per garantire la sicurezza di intere ragioni - leggi Wagner in Mali e Centrafrica -, per sviluppare l’energia atomica pacifica e il commercio. Alcuni Paesi africani, si domandano i detrattori di Putin, serviranno ora per le triangolazioni per aggirare le sanzioni occidentali? L’indottrinamento attraverso i media allineati garantirà quello che prima era regalato dall’ideologia comunista.

In una partita del genere l’Italia non può rimanere a guardare. Il Piano Mattei e gli accordi con la Tunisia per i migranti non sono passi decisivi. Solo, tuttavia, unendo le forze con altri Paesi occidentali ci saranno maggiori possibilità di riuscita. Le risposte ad alcune questioni interne, bisogna prenderne atto, sono proprio in Africa. Ed è là che vanno cercate.

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