L’Occidente guardiano
dei valori di libertà

La nuova emergenza in Siria e Turchia si chiama declino dell’Occidente. Nel suo discorso all’Onu del 2019 il presidente Usa, Trump, ha dato una definizione della politica estera: il futuro non appartiene ai globalisti. È dei patrioti. Proprio quello che va affermando Erdogan per giustificare il suo intervento in Siria. Così al patriottismo di Trump che ritira le sue truppe dal Medio Oriente per salvare vite americane, subentra quello turco. Chi paga sono le popolazioni siriane costrette ad abbandonare Idlib, diventata zona di guerra. Civili presi in ostaggio e diventati merce di scambio con l’Ue.

A migliaia si sono riversati al confine per passare in Grecia, ma nessuno aveva loro detto che l’esercito ellenico aveva chiuso le frontiere. Così alla frustrazione si è dato sfogo con lancio di sassi, lacrimogeni, sembra di provenienza turca, contro le forze di sicurezza di Atene. L’autocrate turco sa che un’operazione come quella del 2015, quando quasi a un milione di rifugiati furono aperte le porte della Germania, non è ripetibile. Per evitare una simile evenienza Angela Merkel aveva convinto i partner europei a girare ad Ankara sei miliardi di euro per provvedere alle spese di mantenimento dei rifugiati in territorio turco.

Erdogan viene meno all’impegno e usa i disperati per esercitare pressione sui governi europei. Il suo intento è costringerli ad appoggiare la sua azione militare in Siria. La Turchia è membro della Nato e rivendica il diritto di essere assistita dagli alleati. Nel vertice di Bruxelles dei giorni scorsi è stata ribadita solidarietà ma chiarito anche che l’intervento dell’Alleanza atlantica scatta solo se uno degli Stati membri viene aggredito sul territorio nazionale. Erdogan invece ha da sempre tra i suoi obiettivi la creazione su suolo siriano di una zona rossa che faccia da cuscinetto e costringa i curdi a lasciare le case e rinunciare a uno Stato curdo autonomo. Furono proprio i curdi negli scorsi anni a combattere i terroristi dell’ Isis e a portare il cosiddetto califfato di Al Baghdadi alla sconfitta. Si sono immolati per la loro terra ma anche per la sicurezza in Occidente. Gli americani li hanno lasciati in balia delle mire espansionistiche della Turchia e anziché prestare loro aiuto si sono ritirati. Gli europei non sono scesi nemmeno in campo, hanno fornito armi con precise limitazioni, e quando si è trattato di dire ad alta voce che il popolo curdo aveva diritto all’autonomia, Angela Merkel si è messa a trattare con l’autocrate ottomano. Il quale per alzare la posta imprigionava giornalisti tedeschi rei di essere di origine turca e quindi passibili di tradimento. Al governo tedesco premeva in verità una cosa sola: il blocco dei migranti. Merkel è stata abile: il conto l’hanno poi pagato gli altri. I curdi, per la loro parte, abbandonati dall’Occidente e i restanti 27 membri Ue con un obolo miliardario. In quel frangente anche solo un migrante in più avrebbe fatto saltare il tappo e i cittadini tedeschi sarebbero scesi in piazza. Come stanno facendo ora gli abitanti di Lesbo che vanno in mare con le barche, non per aiutare i fuggiaschi ma per rispedirli indietro. L’Occidente fallisce in Medio Oriente e falliscono i suoi Stati. Timorosi di perdere un benessere divenuto a rischio non si ricordano più quel che erano. Non i guardiani di un salvadanaio ma dei valori di libertà della persona umana.

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