L’odio per il Papa
e gli stati furbi
La posizione sui migranti del cosiddetto gruppo di Visegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia) è nota: no all’accoglienza, nemmeno di una sola persona sbarcata sulle coste italiane. Questo no inflessibile nasconde però un sì flessibile: il quartetto ha infatti un bisogno urgente di stranieri per far funzionare le economie. E fa entrare dall’estero più migranti economici di tutti gli altri Stati europei messi insieme. Tra il 2017 e il 2019 solo la Polonia ha accolto due milioni di lavoratori stranieri (la fonte è il Wall Street Journal e il dato non è stato smentito da Varsavia). I partiti che governano i Paesi di Visegrad sono andati al potere con campagne elettorali fortemente incentrate su slogan anti migranti, salvo poi necessitarne per mantenere la loro economia.
Qualche giorno fa a Roma il primo ministro ungherese Viktor Orban ha parlato per l’ennesima volta di «invasione dell’Europa» e di stranieri «che sono chiaramente economici». Ma non ha detto che nel 2018 proprio l’Ungheria ha concesso un permesso di soggiorno a 50 mila immigrati economici (il doppio del 2017, con una popolazione che è un sesto dell’Italia) perché servono all’economia magiara. Spesso viene irrisa se non maledetta l’affermazione « abbiamo bisogno di manodopera straniera»: i migranti non ci rubano il lavoro infatti ma svolgono mestieri complementari a quelli degli autoctoni (in Italia il decreto flussi 2019 firmato dall’allora ministro Salvini ha riguardato 30 mila persone, seppure la crisi morda ancora). I quattro Stati di Visegrad hanno bisogno di lavoratori stranieri perché la crisi demografica colpisce anche da quelle parti. Inoltre tre milioni di abitanti si sono trasferiti a lavorare nella più ricca Europa occidentale e i soldi che spediscono a casa sono un gruzzolo importante, il 3,3% del Pil per la sola Ungheria.
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