Lotta al Covid e giustizia, Draghi tira dritto

Il Governo ha approvato l’estensione del «green pass» a partire da oggi e ha posto la fiducia sulla riforma della giustizia penale. Il Consiglio dei ministri di ieri non ha deluso le aspettative (e nemmeno i timori): Draghi, insieme ai ministri Cartabia e a Speranza, è andato avanti per la sua strada senza dar troppo seguito alle polemiche politiche che si sono sviluppate in queste ultime settimane sia sul primo che sul secondo argomento. Ma andiamo con ordine. La motivazione del green pass esteso, da parte di Draghi, è molto semplice e chiara: le cose stanno andando bene, l’economia ha ripreso a tirare, le attività sociali anche, però c’è in giro questa variante Delta molto minacciosa che ci potrebbe portare a richiudere la nostra vita collettiva.

Per scongiurare questo rischio bisogna fare due cose: primo, continuare a vaccinarsi fino a raggiungere l’immunità di gregge; secondo, fare in modo che quando si va in un ristorante, in palestra, al cinema, a teatro, in un bar si sia sicuri di essere insieme a persone non contagiose e vaccinate. Come fa l’Italia fa tutta l’Europa, dunque c’è da avere pochi dubbi sulla necessità del passaporto: è la garanzia della serenità della nostra vita e dunque della ripresa, che ne è conseguenza diretta. Già, e le critiche di Salvini? I paletti della Lega? L’aperta contrarietà al green pass di tutta la destra, di maggioranza e di opposizione? La tiepidezza sui vaccini, considerati addirittura inutili sotto una certa età dal capo del Carroccio? La risposta del premier è gelida: «Chi fa appello a non vaccinarsi è come se facesse un appello a morire o a far morire qualcunaltro». E poi: «Se non ci si vaccina si richiude tutto». Punto. Poche possibilità per Salvini di replicare.

Altra questione, la fiducia sulla riforma Cartabia. Con la fiducia si rimette in riga la maggioranza e si cancellano gli emendamenti presentati in Parlamento. Il Movimento Cinque Stelle da solo ne ha partoriti quasi mille, un terzo del totale. Si racconta di un Bonafede (ex ministro Guardasigilli grillino, autore della riforma che cancellava di fatto la prescrizione e che la Cartabia ora ripristina) attivissimo nello scrivere proposte di modifica su ogni rigo del testo del governo. «Quel testo è stato approvato all’unanimità dal Consiglio dei ministri, ripete ancora una volta Draghi implicitamente ricordando ai grillini di aver dato un assenso che oggi non possono disinvoltamente rimangiarsi. E poi concede: «In ogni caso siamo aperti a qualche modifica tecnica, purché non stravolga la riforma». Poche cose, dunque.

E quanto a Giuseppe Conte che, uscendo dal colloquio a Palazzo Chigi col suo successore, aveva solennemente annunciato che lui e il M5S avrebbero «vigilato» perché «non ci sia nessuna impunità», anche in questo caso la risposta del tandem Draghi-Cartabia è gelida: «Ovviamente nessuno di noi vuole l’impunità di chicchessia, vogliamo piuttosto processi che si svolgano in tempi ragionevolmente brevi come prescrive la Costituzione». Fine del messaggio: chiarissimo anche in questo caso.

L’impressione è che la macchina del governo proceda implacabilmente senza dar troppa importanza alle bandierine che i partiti sventolano qua e là per poter mantenere il loro contatto con l’elettorato. Oggi è toccato a Salvini e a Conte, ma non è affatto detto che la stessa sorte non possa essere riservata anche ad altri. «State andando avanti così perché col semestre bianco che comincia il 5 agosto il governo sarà blindato dall’impossibilità di sciogliere le Camere e di andare a elezioni anticipate?». «Sarebbe un ricatto, non fa parte del nostro modo di procedere». Poche parole e l’ex governatore della Bce seppellisce l’ennesimo tormentone politico.

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