Mattarella e quei «bis»
sempre vicino agli italiani

Le ultime uscite pubbliche da presidente di Sergio Mattarella sono costellate di applausi e coretti di «Bis! Bis!». Chi mai avrebbe detto sette anni fa che un siciliano apparentemente freddo e misurato come lui potesse conquistare la simpatia e persino l’affetto di tanti italiani. Una specie di Pertini cattolico ma senza i gesti eclatanti, le lacrime esibite e le invettive del predecessore: solo nelle difficilissime crisi di governo abbiamo visto una rabbia a stento trattenuta quando le beghe dei partiti superavano il limite dell’irresponsabilità.

Le prolungate ovazioni alla prima della Scala e all’inaugurazione del Maggio Fiorentino sono state le manifestazioni più clamorose di questa simpatia e la dimostrazione di un dispiacere per la fine del mandato. Quando, il giorno dell’Epifania, Mattarella è andato alla finale di Coppa Italia di pallavolo femminile, è stato lui stesso premiato come «miglior giocatore» («Ma non lo merito…» è stata la reazione). E allo stesso modo questa nostalgia per il settennato che sta scadendo la si è colta nelle parole di Samantha Cristoforetti alla quale Mattarella ha consegnato il Tricolore da portare a bordo della Stazione spaziale internazionale: «Lei ci è stato sempre vicino, presidente…».

È vero, Mattarella ha fatto in modo di essere sempre vicino agli italiani nei loro momenti di gioia (fino all’entusiasmo per la vittoria agli Europei di calcio, lui tifoso meno che tiepido) e nei tanti momenti di crisi e di difficoltà (dalla pandemia alle catastrofi naturali), sempre con una parola di incoraggiamento: basti ricordare la bellissima istituzione degli «Alfieri della Repubblica», il riconoscimento ai giovani distintisi per solidarietà, altruismo, patriottismo. Non sorprende dunque che - come dimostrano i sondaggi - la maggioranza degli elettori vorrebbe un secondo mandato presidenziale per Mattarella. I «Bis! Bis!» che si sente ripetere ovunque, questo gli dicono. Ma il suo «no» sembra davvero insormontabile, e lo ha spiegato in tutti i modi possibili, l’ultimo dei quali è la stanchezza o la vecchiaia essendo il presidente un ottantenne in perfetta forma, peraltro coetaneo di Giorgio Napolitano al momento dell’elezione di quest’ultimo nel 2006, e Napolitano a 87 anni si è persino sobbarcato una proroga di un biennio. No, il punto è che Mattarella, da costituzionalista, è fermamente contrario alla possibilità che un presidente, dopo il mandato assai lungo di sette anni, possa rimanere sulla poltrona ancora per un turno, cosa che lo trasformerebbe in una sorta di «re repubblicano». Per spiegare questa contrarietà, Mattarella ha più volte citato due suoi predecessori che erano del suo stesso parere, come Antonio Segni e Giovanni Leone, entrambi giuristi illustri. E sono state proprio queste citazioni a dimostrare che il «no» mattarelliano non è teatro, è sostanza. E lo può capire chi conosce da vicino un uomo che ha formato il suo carattere tra grandi dolori e difficoltà.

Dunque i partiti dovranno trovare un sostituto anche se ancora si leva qua e là l’invocazione: «Sergio ripensaci»: l’hanno scritto i grandi elettori del M5S, lo ha dichiarato Matteo Orfini, lo pensano in tanti. Sarebbe stata una soluzione perfetta: Mattarella al Quirinale fino alla fine della legislatura; Draghi a Palazzo Chigi per completare il lavoro e poi nel 2023 la salita al Colle. Ma chi lo progettava aveva fatto i conti senza l’oste. Certo, se ora la politica si incarta seriamente, se la pandemia ostacola persino - a forza di contagiati - l’elezione del nuovo capo dello Stato, se la situazione precipita, Mattarella potrebbe anche decidersi al sacrificio. Ma solo come soluzione estrema. «Ci è stato sempre vicino, presidente…» ripeteva ieri la Cristoforetti scendendo le scale del Quirinale.

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