Meloni riparte dai meriti di Draghi

Giorgia Meloni con il passaggio della campanella a Palazzo Chigi diventa il volto dell’Italia in Europa.

Un passaggio delicato perché a Bruxelles solo gli addetti ai lavori conoscono la neo presidente del Consiglio italiana e quei pochi anche con molte riserve e pregiudizi. Ma Giorgia Meloni non è sola in questa traversata. L’ultima uscita europea di Mario Draghi come Presidente del Consiglio italiano ha lasciato il segno. Nel vertice europeo di Bruxelles si è opposto con successo alle resistenze tedesche e ha fatto capire a Olaf Scholz che il tetto al prezzo del gas era nell’interesse di tutti.

Il documento firmato dai 27 impegna la Commissione a redigere un piano attuativo per rendere possibile la riduzione dei costi energetici. Il nuovo Capo del Governo italiano partirà da qui. E non è poco visto che le trattative durano da un anno e mezzo. È un successo della diplomazia italiana. Come ha riconosciuto l’ex Presidente del Consiglio, non vi è idea brillante che proceda senza il contributo determinante di chi la deve poi condividere con gli altri partner europei. Ed è il motivo per cui Draghi ha tenuto a ringraziare il corpo diplomatico italiano a Bruxelles. Giorgia Meloni può dunque contare su una struttura che rende al Paese giustizia dei tanti cliché, sui quali i partner europei del Centro e Nord Europa ancora si attardano.

L’ultima copertina del settimanale britannico «The Economist» è la pistola fumante dell’ultimo atto di arroganza. Se si considera che la holding finanziaria italiana Exor della famiglia Agnelli ha il controllo dell’«Economist Group» dal 2015 è sorprendente come si permetta l’utilizzo del dileggio a danno della propria nazione. Anche perché è noto che gli altri Stati hanno interesse a screditare un Paese al fine di eroderne il potere contrattuale. Ed è particolarmente vero per l’Italia. Uno Stato che è la terza forza politica e economica dell’ Unione e quindi potenzialmente in grado di ostacolare l’egemonia franco-tedesca. E tuttavia quanto è nell’ interesse dell’Italia fatica a imporsi nell’Ue. E lo si è visto nella trattativa per il tetto al prezzo del gas. Piuttosto di correre il rischio di rimanere senza forniture energetiche la Germania è disposta a pagare di più. Va da sé che si crea un disequilibrio perché gli altri non hanno lo stesso spazio fiscale.

A Berlino pensano che tutti dovrebbero essere come loro. Se non lo sono è perché vuol dire che non ne sono capaci e quindi non si debbono lamentare. Un fondo di verità c’è in questa affermazione, se pensiamo alle diseconomie italiane in questi ultimi trent’anni. Ma non in campo energetico. Il premier polacco Mateusz Morawiecki è stato chiaro: il gas russo, teoricamente a buon mercato, doveva essere una benedizione per la Germania ed è divenuta una maledizione per tutta l’Europa. La Germania si è resa colpevolmente dipendente dal gas russo e ora non può scaricare sull’Europa i costi che ne derivano. Mario Draghi è stato in grado di fare quello che in tutti questi anni nessuno ha osato fare nell’Ue: mettere la Germania di fronte alle sue responsabilità.

Ovvero dire a chiare lettere che solidarizzare è un dovere per chi trae così grande profitto, se pur con merito, dal mercato unico e dall’Euro. L’ha capito anche la tedesca Ursula von der Leyen: gli Stati membri possono competere sulla qualità ma non sui sussidi. La Germania socialdemocratica pensa al rilancio militare e dice chiaramente che punta alla «Führung» e già il nome inquieta le capitali dell’Ue. Emmanuel Macron da par suo vuole la «grandeur» e quindi con stizza ha disdetto il vertice franco-tedesco previsto per il 26 ottobre. In Europa l’interesse nazionale domina e se Meloni sarà degna erede del suo predecessore non potrà che trarne vantaggi per l’Italia.©RIPRODUZIONE RISERVATA

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