Mercati e alleanze. Lo spazio per l’Italia

Mondo. A Washington nel discorso dell’Unione davanti alle Camere riunite a Biden sono bastate poche parole: questa sera annuncio nuovi standard, tutti i materiali che vengono utilizzati per le infrastrutture federali, finanziate con soldi pubblici, devono essere prodotti in America.

E poi proseguendo: faremo in modo che la catena di approvvigionamento inizi qui. Con la Cina il presidente Usa non vuole conflitto bensì concorrenza. Ma alle sue condizioni ovvero anche con dazi e gabelle. Nel mondo diviso in due il concetto della potenza dominante è chiaro: o di qua o di là. In questo modo chi ha surplus nell’export deve pensare a ridurli. Agli americani è sempre andato di traverso il fatto che i tedeschi avanzino una loro candidatura alla guida economica del mondo sotto le mentite spoglie dell’Unione europea. Adesso è arrivata la risposta ed è trasversale. Nel suo discorso Joe Biden ha risvegliato l’orgoglio nazionale ed ha parlato alla nazione intera. Su questi temi in Usa non ci sono divisioni nell’elettorato dei due partiti. Alle imprese tedesche non resta che investire in America. Questo dice il sondaggio della Camera di commercio Ahk e il numero 1 mondiale dei gas industriali Linde con 33 miliardi di fatturato ha già traghettato la sua quotazione a Wall Street.

La domanda formulata a Giorgia Meloni al vertice italo-tedesco di Berlino («è vero che lei è allergica alla Germania?») andava invero girata alla Casa Bianca. E questo spiega il viaggio dei due ministri dell’Economia di Francia e Germania a Washington. Sono andati senza un mandato Ue a perorare la causa delle loro industrie nazionali. In un contesto segnato dalle sovvenzioni americane alle imprese made in Usa, le industrie europee hanno un evidente svantaggio competitivo. Diversamente dalla Cina e dall’America, in Europa non può iniziare la catena di approvvigionamento. Mancano le materie prime e l’indipendenza energetica. Sono le debolezze europee che fanno forte l’America. Ed è la miopia di Berlino in primo luogo che ha puntato con Angela Merkel tutto sul conto economico di breve respiro e non si è data una meta geostrategica in grado di incidere sui mutati scenari internazionali. All’interno di questi macrosistemi, l’Italia può crearsi un suo spazio: è il Mediterraneo, dove l’alleato americano può delegare. Gli americani non vogliono rimanere invischiati nei conflitti mai sopiti che segnano questa zona del mondo. Mentre gli italiani hanno tutto l’interesse a promuovere azioni di pace per assicurare il rifornimento energetico. Per gli Usa l’Italia non è un pericolo, la Germania come potenza commerciale sì.

Il nuovo contesto internazionale che il discorso di Biden ha reso a tutti tangibile vede la Germania in grandi difficoltà. La transizione energetica espone l’industria tedesca al black out e viene a cadere proprio nel momento in cui vanno ridefiniti gli sbocchi per le merci dell’export tedesco. Russia e Cina vengono meno come mercati ed è necessario trovare altre aree di espansione. Facile a dirsi ma poi per realizzarli ci vuole tempo. In Europa la Germania esporta il 60% della sua produzione. È il salvadanaio della nazione. L’ Italia fornisce la componentistica a valore aggiunto. Senza questo retroterra le multinazionali tedesche andrebbero ancor più in affanno. E questo spiega perché l’Italia è strategica. Diversamente dalla Francia non ambisce a primati se non al riconoscimento del proprio valore. La concorrenza americana porta il governo tedesco a miti consigli. Senza il peso dell’Europa e delle sue catene di valore la Germania perde il ruolo di primo della classe. Ed è l’Europa del Sud che diventa risorsa preziosa. Per Berlino è l’unico strumento per restare in corsa sul piano economico e contrastare le manie di grandezza di Parigi.

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