Merkel esce di scena.Ha costruito un’Europa con la Germania al centro

Nella riunione del Consiglio europeo iniziata ieri a Bruxelles, Angela Merkel si presenta come capo del governo tedesco in uscita. Alle prossime elezioni di settembre del 2021 la prima donna Cancelliere nella storia della Repubblica federale non si presenterà. Ha già battuto i record di permanenza al governo sia di Konrad Adenauer, in carica per 14 anni, sia del suo mentore Helmut Kohl. È tempo quindi di tirare le somme di una lunga azione di governo iniziata nel 2005. Sono sedici anni che la Germania tiene banco in Europa e lo fa con il guanto di velluto di una

signora alla quale non è ignoto il valore del ferro nell’esercizio del potere. La Germania in tutti questi anni ha aumentato il suo peso in Europa e ne è divenuta la nazione guida. Angela Merkel ha contribuito in modo decisivo a spostare il baricentro dell’azione europea dalla dimensione intercomunitaria, dove tutti i membri delegano a Bruxelles il compito di rappresentarli, a quella intergovernativa. In questo caso i singoli Paesi non contano per quello che pensano e dicono ma per quello che pesano. E la Germania pesa così tanto da attirare a sé una coorte di Stati minori che si sentono protetti dalla sua influenza economica, politica e di costume.

Un’egemonia che permette a Berlino di condizionare le scelte della Commissione europea in funzione dei suoi interessi. È di Angela Merkel l’espressione che già fu di Gianni Agnelli. Tutto ciò che fa bene alla Fiat fa bene all’Italia si è trasformato in tutto ciò che è utile alla Germania è utile all’Europa. Merkel lascia così un’Unione europea in formato tedesco ma anche una Germania più europea. È stata questa la precondizione per poter evitare la formazione di un euro del Nord Europa. La tecnica è stata di delegare alla Banca centrale europea il compito di sostenere la moneta unica. Un’azione che mai sarebbe riuscita se fosse dovuta passare al vaglio del Bundestag. Il «what ever it takes» di Mario Draghi è figlio di questa politica e del tacito consenso di Berlino. A Merkel va riconosciuto. L’ha fatto alla sua maniera, sempre sottotono, quello che i tedeschi chiamano «lavieren», ovvero una mano lava l’altra.

A te Sud Europa do l’appoggio cercato e tu continui a comprare i miei prodotti. È quindi implicito che il successore in pectore in Europa sia il presidente del Consiglio Mario Draghi. Lo testimonia l’incontro preparatorio del vertice europeo con il Cancelliere Merkel. Tra i temi all’ordine del giorno, il dossier sui migranti e gli accordi da rivedere con la Turchia sui richiedenti asilo. Berlino questa settimana ha ospitato la Seconda conferenza sulla Libia. La Germania è subentrata in uno scenario dove l’Italia era prim’attore. Berlino ha messo d’accordo gli interessi italiani con quelli egemonici della Francia, che non perde occasione per rubare bocconi prelibati ad un’Italia indebolita e in declino. Il capo del governo italiano fa buon viso a cattivo gioco in attesa di tempi migliori.

I leader presenti si sono impegnati a stabilizzare il processo di pace in corso nel Paese e a far ritirare le truppe mercenarie dai territori. Lo stesso vale per il dossier migranti, dove alla riunione dei capi di Stato e di governo sono bastati dieci minuti per derubricare un tema che per Italia, Spagna e Grecia è vitale. E tuttavia non sufficiente per giungere all’unanimità dei 27 Stati dell’Ue. Così mentre ad Erdogan vanno 2,8 miliardi di euro per trattenere i migranti su suolo turco, ai Paesi che formano il confine meridionale dell’Europa vanno parole di incoraggiamento. E tuttavia di Angela Merkel resterà quello che i tedeschi chiamano «Sachlichkeit». Al suo ultimo discorso al Bundestag non è andata oltre a un neutrale: vi ringrazio per il vostro interesse. Le emozioni non sono di governo

© RIPRODUZIONE RISERVATA