L'Editoriale / Bergamo Città
Martedì 16 Dicembre 2025
Nuovi ponti e vecchi vizi di un Paese in ritardo e che vive di proroghe
BERGAMO. Manca una manciata di giorni e anche questo 2025 finirà in soffitta. A quel punto mancheranno 5 anni pieni per il pensionamento del vetusto Ponte San Michele, o Röthlisberger, dal nome del progettista (lo svizzero Jules, ingegnere), concepito nel lontano 1887 e terminato due anni dopo.
A fine 2030 il ponte non sarà più percorribile, questo almeno era scritto nella relazione tecnica che ha accompagnato la sua riapertura totale nel settembre 2020: dieci anni di vita, nel senso tecnico del termine, non uno di più. Ora, vero che siamo nel Paese che ha fatto delle mille proroghe persino un decreto praticamente istituzionalizzato (tranquilli, arriva a giorni, puntuale come il panettone a Natale), ma risulta abbastanza difficile immaginare il profilo di quel malcapitato dirigente ministeriale che a fine 2030 si prende la responsabilità di mettere nero su bianco qualche anno di vita tecnica in più per quel ponte che scavalca l’Adda in uno dei punti più squisitamente lombardi che si possano immaginare.
Se nessuno si prenderà la (grossa, enorme...) responsabilità di questa proroga la conseguenza sarà inevitabile: stop al passaggio di auto e treni sul ponte e l’Isola che perde le sue connessioni dirette e quotidiane con la Brianza. Una catastrofe da tutti i punti di vista, sociale ed economica, una situazione già vissuta dal settembre 2018 e per i due anni successivi, ma parzialmente mitigata negli ultimi 8 mesi prima della riapertura dall’epidemia di Covid che ci ha costretti tutti a casa.
Bisogna però essere purtroppo realisti, non ci sono possibilità che il nuovo ponte sia pronto per fine 2030, anche se una scappatoia in realtà ci sarebbe e si era intuita in occasione della seduta in V Commissione regionale del giugno 2024, quando Rfi di fronte alle pressioni dei consiglieri sulla scadenza del manufatto si era lasciata sfuggire qualcosa del tipo «dipenderà dal suo stato nel 2030». Ma al netto di tutta la prudenza possibile, anche se il San Michele si dimostrasse in forma passabile, si torna al punto di partenza: chi si prende la responsabilità di metterlo nero su bianco?
Con altrettanto realismo i tempi per realizzare l’opera, progetto, autorizzazioni, ricorsi (perché ci saranno, matematico), intese tra le parti, lavori e collaudi erano stati stimati in 9 anni. A partire dal 2020. Quindi ora, nella migliore delle ipotesi, il nuovo ponte sarà pronto a fine 2034. Ovviamente salvo complicazioni, che in questa vicenda non sono mai mancate.
Si è fatto tutto tranne che andare di corsa e le conseguenze salvo miracolosi colpi di scena (o il ministero che sorteggia un dirigente kamikaze con potere di firma...) le pagheremo tutti tra qualche anno, fermandoci. Il solito vecchio vizio di un Paese in puntuale ritardo
In realtà anche su questa data c’è una quantità di ottimismo superiore al lecito. E la conferma arriva dalla Regione: «A valle dell’elaborazione del Piano finanziario tecnico economico (Pfte) partirà poi l’iter autorizzativo, di cui è prematuro prevedere delle tempistiche». Amen, non ne usciremo più. Perché prima «entro i primi mesi del prossimo anno» ci sarà «il bando di concorso internazionale di progettazione per lo sviluppo del Pfte della nuova opera, che dovrà rielaborare la soluzione del nuovo ponte». Nella migliore delle ipotesi tutto il 2026 passerà così, ma proprio nella migliore.
Sforzandoci di trovare un lato positivo (difficile, francamente) nella vicenda, l’auspicio è che almeno dal concorso internazionale arrivi qualche idea di livello, in grado cioè di lasciare un segno di (alta) qualità nella proposta progettuale. Il contesto d’inserimento dell’opera è delicato, che almeno non si ricorra a una soluzione raffazzonata o al ribasso.
Per tutto il resto c ’è davvero poco da essere ottimisti, l’annunciata scadenza decennale del San Michele risistemato avrebbe dovuto far pestare sull’acceleratore tutti, consapevoli delle difficoltà che un progetto del genere avrebbe sicuramente incontrato. E invece si è fatto tutto tranne che andare di corsa e le conseguenze salvo miracolosi colpi di scena (o il ministero che sorteggia un dirigente kamikaze con potere di firma...) le pagheremo tutti tra qualche anno, fermandoci. Il solito vecchio vizio di un Paese in puntuale ritardo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA