Ora serve un vaccino contro la guerra

Prima il Covid e poi la guerra. Papa Francesco nel Messaggio per la prossima Giornata mondiale per la pace descrive la tempesta perfetta.

Nel momento di maggiore incertezza, quando tutto sembrava destabilizzare la nostra vita quotidiana, quando l’incertezza era al massimo grado di sopportazione, tutti ripetevano che la pandemia segnava un punto di non ritorno, spartiacque tra un prima e un dopo dove il dopo non sarebbe mai potuto essere uguale al prima. Il virus ha smascherato ogni limite e ha svelato il disastro della globalizzazione ultraliberale in tutti i campi dall’organizzazione sanitaria con il mercato e la distribuzione dei vaccini, alla produzione di beni primari, intermedi e finali, ai trasporti con le rotte marittime bloccate e migliaia di navi a far la fila davanti ai porti strategici.

Ha scosso le basi dell’economia mondiale e sembrava che le mutazioni provocate nel codice genetico della globalizzazione conosciuta fino al 2019, dopo un momento di drammatico disorientamento nelle analisi, potessero produrre un sussulto di coscienza, chiesto da Bergoglio e su cui tutti i leader mondiali avevano convenuto: «Nulla deve essere come prima». Ebbene è esattamente quello che non è accaduto. Bergoglio lo scrive con estrema chiarezza nel Messaggio, quando spiega che c’era un solo modo per uscire dalla pandemia, atteso che non si poteva tornare come prima: o migliori o peggiori. E la scelta è caduta sulla seconda opzione. Dallo stress del coronavirus siamo usciti meno «umani» e meno «fratelli», tradendo quelle indicazioni sulla fratellanza che il Papa aveva consegnato nell’Enciclica «Fratelli tutti», probabilmente non a caso pubblicata nel primo anno dello sconvolgimento sanitario globale. La guerra in Ucraina ha fatto il resto.

Eppure non si tratta di un accadimento alieno allo stress da pandemia, ma di una scelta consapevole provocata dalla convinzione che la pandemia avrebbe portato anche ad un nuovo ordine mondiale. Ma come in ogni crinale importante della storia c’è un lato in ombra e un lato alla luce, c’è insomma la possibilità nell’agire dei leader di fare scelte morali o immorali. Si è deciso per l’ombra e l’immoralità. La pandemia come occasione positiva di riflessione e di cambiamento, pur nel dolore di milioni di morti, è stata sprecata e a quei morti ogni giorno se ne aggiungono altri per via della diseguaglianze che la pandemia ha messo in evidenza e la guerra ha consolidato. I dati sono drammatici con 150 milioni in più di persone che rischiano la morte per fame, con i prezzi dei beni alimentari essenziali sconvolti e oggetti di penose e angoscianti speculazioni, con la questione della salute pubblica di nuovo relegata in fondo alla fila. Ne soffrono tutti anche nei Paesi ricchi, ma soprattutto ne fanno le spese due miliardi di persone che vivono nelle zone rurali, che ci sono dappertutto anche in Italia anche nella ricca Europa e non solo in Africa, a cui viene impedito spesso di accedere ai servizi sanitari essenziali.

Il principale obiettivo e la promessa più annunciata durante la pandemia, quella di ridurre la diseguaglianza come azione cruciale per uscirne migliori, è scivolata via. Il mondo si è dedicato alla guerra, che continuerà perché a molti conviene, al di là dell’instabilità geopolitica, energetica, manifatturiera e finanziaria che provoca. Bergoglio chiede di rivisitare molti temi, cercando un vaccino efficace per la guerra. Dovrebbe servire a proteggersi dal riarmo, vero cambiamento per diventare migliori nel 2023, a 60 anni dalla pubblicazione della «Pacem in terris» dove Angelo Roncalli scriveva che la guerra è una follia aliena alla ragione. La tempesta perfetta di oggi ne è solo l’ultima più evidente prova.

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