Provincia, dopo il voto
occasione per ripartire

Paragonarla al governo Draghi pare francamente un tantino eccessivo, ma col voto di ieri alla Cittadella dello Sport anche per la Provincia di Bergamo si apre, almeno nelle intenzioni, una fase istituzionale all’insegna della collaborazione tra le forze politiche. La vittoria di Pasquale Gandolfi, seppur scontata per un candidato presidente in corsa solitaria, dà all’ente di Via Tasso un vertice formalmente eletto, dopo il breve «interregno» seguito alla decadenza di Gianfranco Gafforelli. I volti che lo affiancheranno in Consiglio provinciale si conosceranno in modo definitivo oggi, dal momento che lo spoglio si è concluso nella notte. Ma lo scenario, pur con alcuni distinguo, lascia intravedere una «pax» allargata. Che inizialmente non ha mancato di suscitare punti di domanda, mal di pancia sotterranei e qualche esplicita tensione (vedi lo scontro Benigni-Invernizzi in casa centrodestra).

Il temuto crollo dell’affluenza, però, non c’è stato: molti amministratori hanno confermato, nel sabato prima di Natale e a giochi per la presidenza di fatto già chiusi, di tenere in considerazione questo ente e di voler contribuire a definirne gli equilibri. E, pur con una quota, in parte anche annunciata, di schede bianche, Gandolfi esce dalle urne come presidente «incoronato» a tutti gli effetti, sfiorando l’80% dei consensi.

L’insolita alleanza, che ha visto Pd e Lega far da apripista, arriva in una fase che di usuale non ha proprio nulla: c’è da disegnare il post-Covid nella terra che più è stata ferita dalla pandemia, si avvicina a grandi passi la sfida di Bergamo e Brescia capitali della cultura, siamo già dentro l’occasione storica del Pnrr e dei fondi complementari che esso sblocca, rendendo possibili finanziamenti letteralmente mai visti prima.

Un passaggio che richiederà certamente coesione, per individuare le priorità su cui concentrare le forze e portare a casa le risorse per settori decisivi come la mobilità, l’ambiente, la scuola. Ma anche, probabilmente, per dire qualche no: gli spazi inimmaginati che si stanno aprendo, in fatto di fondi in arrivo da vari fronti, chiedono una vera regia, per mettere in campo decisioni che siano le più utili per la comunità, e sostenibili nel tempo. In questo la Provincia, messa un po’ all’angolo dalla riforma Delrio e dai tagli economici e di personale degli anni scorsi, potrebbe ritagliarsi una nuova centralità, se saprà essere davvero a servizio del territorio.

E qui casca a fagiolo l’ipotesi di ri-riforma di questi enti, dopo che quella del 2014 ha mostrato – soprattutto nelle realtà molto popolose e ricche di piccoli Comuni come la nostra – un’evidente serie di limiti, quando non storture. La possibilità – di cui nei prossimi mesi discuteranno prima il Governo e poi il Parlamento - di introdurre una micro-Giunta di 4 assessori (oggi sono possibili solo consiglieri delegati, incarico gratuito e basato puramente sulla buona volontà dei singoli), di portare il mandato di presidente e aula a cinque anni, di introdurre un forte premio di maggioranza alla lista più votata, vanno verso un rafforzamento dell’istituzione, proprio mentre una sentenza della Corte costituzionale mette in luce la necessità di permettere il voto anche nelle Città metropolitane.

Le premesse per una stagione nuova ci sono. Riempirla di contenuti, dimostrando davvero di voler mettere al centro i Comuni (compresi i più piccoli, che anche in questa votazione sono apparsi i più «distanti») e i loro amministratori al di là degli accordi tra le segreterie, tocca da oggi ai nuovi eletti.

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