Ripartenza dopo il Covid:
scelte strategiche condivise
per un’altra globalizzazione

È adesso che va programmata la ripartenza dopo la pandemia. Servono capacità, idee innovative, coraggio. Ma anche tanto ottimismo, componente fondamentale per poter superare le complesse prove che ci aspettano nel prossimo futuro. Almeno questo insegnano popoli che hanno vissuto nel recente passato crisi di simile gravità.

Vista l’interdipendenza del mondo in cui viviamo, il Covid porterà alla fine della globalizzazione come l’abbiamo conosciuta noi finora? Gli Stati nazionali riprenderanno in mano il loro destino? Cosa succederà con i confini, con i mercati aperti, con l’iperfinanza ingorda? L’occasione della pandemia per un «reset» generale, per una riorganizzazione globale, è troppo grande per lasciarsela scappare. Per anni abbiamo letto denunce contro la globalizzazione selvaggia che ha reso i ricchi ancor più ricchi ed ha impoverito la classe media, facendo emergere una spaventosa ingiustizia sociale.

Se si dà uno sguardo alla storia del XX secolo si nota come la Depressione negli anni Trenta e la crisi energetica negli anni Settanta siano stati degli spartiacque che hanno determinato rilevanti cambi di direzione. Nel primo caso con il New Deal si è riusciti a conciliare il capitalismo con il mercato, il progresso sociale e la democrazia liberale. Si è arrivati a definire le regole per governare il commercio e la finanza internazionale del dopoguerra, creando istituzioni solide e validi equilibri. La classe media e la democrazia si sono così espanse un po’ ovunque. Nel secondo caso si è osservato un passaggio dalle idee economiche keynesiane a quelle neoliberiste passando dal conservatorismo alla Reagan e alla Thatcher. Forte è stato da quel momento l’impulso all’integrazione economica e finanziaria globale, fino a portare la Cina dentro all’Organizzazione mondiale per il commercio. L’iperglobalizzazione è stata quindi il frutto di scelte politiche e non solo fu subita per la rivoluzione tecnologica in campo informatico e per i miglioramenti dei mezzi di trasporto.

La tragedia del Covid può essere, pertanto, il terzo spartiacque. All’orizzonte si intravvedono già un riequilibrio tra la forza dei mercati e quella degli Stati, una ridefinizione delle politiche nazionali, un prosieguo dello scontro tra Stati Uniti e Cina con opposte visioni dei rispettivi sistemi politici, un uso generale indiscriminato dei metadati informatici. Rispetto alla crisi del 2008 ci si è, però, resi ora conto che avere pochi ricchi ed un oceano di poveri è sinonimo di instabilità politica ed economica. Urge un’inversione. Adesso invitare gli Stati a seguire politiche non protezionistiche, ma linee concordate per non limitare le possibilità dei vicini, sarà cruciale a livello internazionale. Difesa dell’ambiente, economia verde, energia pulita ed innovazione tecnologiche sono capisaldi per un futuro comune post Covid. Il programma europeo Next generation Eu serve anche a recuperare la sovranità industriale e tecnologica.

Ma alla base di tutto - come ha dimostrato la pandemia – urgono scelte strategiche condivise: non si possono aspettare per mesi le mascherine dalla Cina o dall’estero la produzione di vaccini. Non sono i soldi l’unico metro di giudizio.

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