Se l’Ue dimentica i valori fondanti

Europa. Il Trattato di Lisbona firmato il 13 dicembre 2007 da tutti i Paesi della Comunità europea, entrato in vigore nel dicembre 2009, fissava valori e obiettivi che dovevano essere alla base del progetto europeo. Tra i valori, l’articolo 2 evidenziava «la dignità umana è inviolabile. Deve essere rispettata e tutelata e costituisce la base stessa dei diritti fondamentali».

Tra i diritti, l’articolo 3 del Trattato indicava «offrire libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, adottando al contempo misure adeguate alle frontiere esterne per regolamentare l’asilo e l’immigrazione e pervenire e combattere la criminalità». L’aver compiuto questo passo importante, in uno scenario mondiale segnato ovunque da guerre, ingiustizie, miseria e oppressioni, portò l’Europa a vincere nel 2012 il premio Nobel per la Pace, con la seguente motivazione: «Aver contribuito alla pace, alla riconciliazione, alla democrazia e ai diritti umani in Europa».

L’Europa di oggi, guardando a come si propone di fronte al problema migrazioni - sia quando i migranti arrivano, sia quando finiscono in quella immensa fossa comune che è diventato il Mediterraneo - appare ad una distanza siderale da quella premiata a Oslo. Appare altrettanto distante da quella che, attraverso un comune processo solidale, è riuscita a trovare notevoli risorse per combattere la pandemia, per realizzare il Pnrr e per aiutare economicamente e con armamenti l’Ucraina invasa dalla sciagurata iniziativa bellica di Putin. Ne dà ampia testimonianza la sua assenza di prese di posizione rispetto a decisioni assunte da Stati membri ben lontane dai principi comunitari. Le immagini recenti di Lampedusa, con il penoso balletto delle decisioni su chi poteva o non poteva scendere a terra dalla Ocean-Viking, rappresentano e rappresenteranno una macchia indelebile sull’immagine del nostro Paese. Altrettanto gravi e incomprensibili appaiono i comportamenti della Francia. Alla opportuna decisione di accogliere la Ocean-Viking, carica di 234 vite tra cui quelle di 57 bambini, hanno fatto da contraltare i ferrei respingimenti di immigrati a Ventimiglia e le scene di violenza tra migranti e agenti di polizia francesi nei pressi di Dunkerque, in una operazione anti immigrazione che ha portato all’affondamento di numerose imbarcazioni con centinaia di vittime. Ironia della sorte, questo luogo ricorda una vicenda ben più storicamente simbolica, conosciuta come «miracolo di Dunkerque» perché portò al salvataggio di migliaia di soldati francesi e belgi, circondati dall’esercito tedesco, che furono salvati e trasferiti in Inghilterra con navi britanniche e imbarcazioni di ogni tipo.

Oggi, tutti questi tragici avvenimenti mettono in luce il cinismo e le gravi responsabilità morali di Italia e Francia, frutto di miserabili ragioni di politica interna. Altrettanto gravi appaiono i ritardi che l’Europa ha evidenziato nel definire un’efficace politica migratoria, che dovrebbe essere fondata sul perseguimento di due principali obiettivi: costruire e finanziare un sistema di aiuti all’Africa e un’insieme di strutture di accoglienza nei vari Paesi orientate al controllo e alla riduzione dei flussi; affermare principi di solidarietà al suo interno che sono alla base dell’affermazione di quei diritti umani su cui si basa la sua storia. Le difficoltà di integrazione, il disagio e le paure che l’immigrazione suscita nell’opinione pubblica sono evidenti e non possono non avere risposta. Ciò che è grave, però, è che l’incapacità ampiamente dimostrata fino ad oggi nel dare concrete risposte a questi problemi sia sostituita, in varie occasioni, da «azioni di forza» tendenti a strumentalizzare per fini politici anche penose vicende come quelle degli sbarchi.

Queste scelte portano ad esasperare le tensioni tra le popolazioni e a incrinare i rapporti tra i vari Paesi comunitari, mettendo in grave crisi il principio di solidarietà che è alla base del progetto europeo. Tutto ciò avviene mentre l’Europa è alle prese con una guerra alle porte di casa nella quale è direttamente coinvolta; una pesante crisi energetica che richiede decisioni comuni; un sensibile aumento dell’inflazione che rischia di compromettere la crescita dell’economia, con conseguenze drammatiche per famiglie e imprese.

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