Super ricchi, come cambia l’economia del mondo

Attualità. Esistono almeno due modi per leggere le classifiche dei super miliardari del pianeta. Le graduatorie possono essere compulsate in cerca di curiosità glamour o per solleticare un po’ l’invidia sociale. Oppure le stesse classifiche possono essere analizzate per rintracciarvi alcune tendenze fondamentali dell’economia globale.

È indubbio, per esempio, che la sorte di Jack Ma, fondatore del colosso del commercio elettronico Alibaba, primo imprenditore cinese ad apparire sulla copertina di Forbes e quinto uomo più ricco del suo Paese, sia rivelatrice di una certa evoluzione della Repubblica popolare negli anni della presidenza di Xi Jinping. Jack Ma ha rinunciato ieri (sabato 7 gennaio) al controllo di Ant Group, gigante fintech che aveva contribuito a creare. Una svolta resa nota da un freddo comunicato dell’azienda, visto che Ma da qualche tempo parla molto meno in pubblico, almeno da quando nel 2020 si azzardò a criticare apertamente i regolatori finanziari del Partito Comunista, per poi scomparire del tutto per alcuni mesi. Una storia con tante sfaccettature ma che ricorda a noi tutti il tasso di imprevedibilità e opacità del modello capitalistico cinese che pure ha contribuito molto all’arricchimento del Paese e al rafforzamento del commercio globale.

Ci sono almeno altri due Paperoni che sarà utile tenere d’occhio per capire quale direzione sta prendendo l’economia del nostro pianeta. Uno è l’imprenditore sudafricano, naturalizzato americano, Elon Musk, l’altro è il suo «collega» indiano Gautam Adani. Il primo è ormai celebre in tutto il mondo, fondatore di Tesla (auto elettriche), SpaceX (trasporto spaziale) e da qualche mese numero uno della piattaforma social Twitter che ha rilevato per 44 miliardi di dollari. Negli ultimi giorni del 2022, proprio in ragione delle risorse sborsate per l’acquisto di Twitter ma soprattutto per la perdita di valore in Borsa della sua amata Tesla, Musk si è visto sfilare il posto di «uomo più ricco del pianeta» dal francese Bernard Arnault, patron del gruppo del lusso Lvmh, con un patrimonio stimato in quasi 195 miliardi di dollari americani. Soprattutto però, secondo l’agenzia di stampa Bloomberg, il 2023 potrebbe essere l’anno in cui assisteremo al sorpasso di Adani ai danni di Musk. Una notizia di un qualche rilievo se riflettiamo sul profilo di questo sessantenne indiano, figlio di un commerciante di tessuti, che ha iniziato giovanissimo con il commercio di diamanti, poi è cresciuto nel settore dei porti e nell’estrazione del carbone. Negli ultimi mesi, investimenti in infrastrutture e materie prime, di tipo «classico» potremmo dire, sono stati più remunerativi degli investimenti di frontiera di Musk, tra elettrificazione e social-network. Una tendenza che potrebbe proseguire nel 2023.

Una conferma in tal senso è arrivata dal mercato del lavoro degli Stati Uniti. Questa settimana Amazon, big dell’e-commerce, ha annunciato 18mila licenziamenti nel Paese, un massiccio taglio di forza lavoro che si inserisce in un’ondata di circa 150mila licenziamenti decisi nel 2022 dalle aziende tech. Ciò avviene mentre nei settori più tradizionali dell’economia statunitense quasi si fatica a trovare dipendenti; nel mese di dicembre sono stati creati 223.000 posti di lavoro, in rallentamento dagli scorsi mesi, ma comunque più dei 203.000 previsti. Perché l’hi-tech è meno scintillante e attraente del solito? Tra i motivi c’è l’uscita dalla pandemia, con il parziale abbandono della vita online, ma soprattutto le scelte restrittive della Fed in politica monetaria che penalizzano chi si indebita (anche per investire nel futuro) e ridimensionano attese forse esorbitanti.

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