
L'Editoriale / Bergamo Città
Lunedì 29 Settembre 2025
Transizione verde, Cina al comando e noi deboli
MONDO. In un mondo sempre più segnato da eventi climatici estremi, tensioni geopolitiche sull’energia e incertezza economica, la Cina sta prendendo il comando della transizione verde. E lo sta facendo con una velocità e una determinazione che lasciano poco spazio a interpretazioni.
Nel solo primo semestre del 2025, Pechino ha installato più energia solare di quanta gli Stati Uniti abbiano realizzato in tutta la loro storia. Numeri che parlano da soli: secondo recenti dati internazionali, il 74% dei nuovi progetti eolici e solari realizzati nel mondo è stato costruito dalla Cina, che nel frattempo ha anche annunciato l’obiettivo di ridurre le proprie emissioni del 7-10% entro il 2035. Questo slancio, che da un lato rappresenta un passo avanti fondamentale per il clima globale, dall’altro mette a nudo la debolezza strategica dell’Occidente - Italia compresa - che sembra arrancare nella rincorsa a una rivoluzione industriale ormai in pieno corso.
Il ruolo dell’Italia
L’Italia ha tutto il necessario per giocare un ruolo importante nella transizione energetica: sole, vento, competenze tecniche, un sistema industriale maturo, un settore manifatturiero tra i migliori d’Europa. Eppure, continua a mostrare segni di ritardo e incertezza. Le installazioni di rinnovabili procedono lentamente, spesso frenate da burocrazia, normative confuse e resistenze locali. Le filiere industriali per la produzione di pannelli solari, batterie e tecnologie verdi sono ancora marginali, e i pochi investimenti pubblici restano disorganici. La responsabilità non è solo tecnica, ma soprattutto politica. Il governo ha alternato fasi di entusiasmo a retromarce disorientanti. Il caso del Superbonus - passato da incentivo trainante a «problema di bilancio» - è emblematico: un’occasione di rilancio per l’edilizia sostenibile trasformata in un terreno di scontro ideologico. Sulle auto elettriche, la comunicazione è stata altrettanto incerta: più preoccupata di rassicurare i nostalgici del motore termico che di preparare un settore industriale competitivo per il futuro. E su scala più ampia, l’Italia fatica a esprimere una visione chiara e coerente sulla propria strategia energetica e climatica. Nel frattempo, la Cina non solo produce in casa gran parte delle tecnologie verdi, ma investe massicciamente anche all’estero: oltre 200 miliardi di dollari dal 2022, una cifra superiore al valore attualizzato del Piano Marshall. Questo le consente di esportare pannelli solari a basso costo in tutto il mondo e, al tempo stesso, assumere una posizione dominante in settori cruciali per il futuro.
Gli aspetti occupazionali
In gioco non c’è solo la sovranità tecnologica o energetica, ma anche il futuro dell’occupazione. I settori legati alla transizione ecologica – energie rinnovabili, mobilità elettrica, riqualificazione energetica, produzione di batterie e componenti - sono tra i pochi che a livello globale continuano a creare nuovi posti di lavoro, mentre altri comparti rallentano o si contraggono. Se l’Italia non investe oggi in queste filiere, rischia non solo di dipendere da altri Paesi per la tecnologia, ma anche di perdere l’occasione di creare occupazione qualificata, proprio nei settori dove si deciderà la competitività futura.
A livello regionale, la Lombardia ha tutte le carte in regola per essere parte della soluzione, non del problema. Il tessuto imprenditoriale lombardo è tra i più avanzati d’Europa, e la provincia di Bergamo, con il suo patrimonio industriale e tecnico, può diventare
La transizione ecologica non è solo una questione ambientale. È anche, e sempre più, una questione industriale, occupazionale e di sicurezza nazionale
un punto di riferimento nella manifattura verde. Aziende bergamasche operano già con successo nei settori dell’efficienza energetica, della meccanica di precisione, dei materiali innovativi. Ma per valorizzare queste potenzialità serve una regia, un piano, una direzione politica. È necessario favorire gli investimenti in innovazione e produzione locale di tecnologie verdi, semplificare le autorizzazioni, sostenere la ricerca pubblica e privata.
La transizione ecologica non è solo una questione ambientale. È anche, e sempre più, una questione industriale, occupazionale e di sicurezza nazionale. Non investirci oggi significa perdere posti di lavoro domani. Ci troviamo in un momento cruciale. Il mondo sta cambiando, e non aspetterà che l’Italia risolva le proprie indecisioni. Il nostro Paese può ancora scegliere se essere protagonista o spettatore. Ma deve decidere ora. Chi guida la transizione energetica guiderà anche l’economia del futuro. E se vogliamo evitare che siano sempre altri a prendere le decisioni per noi, dobbiamo agire. A livello nazionale, regionale e locale. Il clima non aspetta. Nemmeno i mercati. Nemmeno i nostri giovani.
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