Un voto che peserà
a lungo sul Governo

Sono tante le conseguenze politiche del risultato finale di questo voto. Benchè riguardasse le amministrazioni delle città, la consultazione ha avuto sin da subito un significato generale, se non altro perché coinvolgeva Roma Capitale, Milano, Torino, Trieste, Bologna, Napoli, parecchi milioni di elettori e tante realtà importanti del Paese. Ma adesso il risultato che ne è uscito pesa ancor di più. Vediamo perché elencando prima gli sconfitti e poi i vincitori.
La destra, innanzitutto. Non il centrodestra, si badi. Ma la destra di Giorgia Meloni e, almeno parzialmente, di Matteo Salvini. In questa prova ha perso tutte le sfide principali innanzitutto perché ha presentato (in ritardo) candidati di compromesso e non all’altezza (è il caso di FdI a Roma e della Lega a Milano) ma anche perché ha pagato la vicinanza alle tesi no vax e no pass: la ricerca del consenso degli scontenti deve aver però allontanato i tanti elettori più in linea con le indicazioni del governo Draghi.

Non ha certo poi giovato la scarsa determinazione nel prendere le distanze dai neofascisti di Forza Nuova: sarebbe bastato partecipare alla manifestazione di protesta contro l’assalto alla Cgil, per fare la differenza. Ma quel gesto non è arrivato. Per Salvini (che ha perso anche a Varese, culla leghista) ora sarà ancora più difficile mantenersi in equilibrio tra stare al governo e sposare le cause dell’opposizione; quanto a Meloni, dovrà fare un serio tagliando al suo partito. Entrambi hanno visto che, spingendosi a destra e privandosi dei moderati, non vinceranno mai le elezioni politiche. Probabile nella Lega un chiarimento sulla leadership richiesta ad un Salvini indebolito dai «governisti» del Nord: Giorgetti, Zaia, Fedriga.

Forza Italia. Benchè privato della guida effettiva del suo capo e ridotto al lumicino elettorale, il partito azzurro piazza gli unici candidati della coalizione usciti vittoriosi: Occhiuto in Calabria, Di Piazza a Trieste. È la dimostrazione di quanto più sopra esposto sulla destra.

Il Movimento 5 Stelle: la debacle. Ha ragione Giorgia Meloni: se il centrodestra esce sconfitto, per il M5S è una debacle. Il movimento è quasi scomparso: bocciato alla prima occasione da tutte le città che ha finora governato, conta percentuali lontane anni luce da quelle di pochi anni fa. Più che alleato, è aggrappato al Pd per sopravvivere, ma le percentuali della vittoria del centrosinistra ne rendono non determinante il contributo. Debolissima la leadership di Giuseppe Conte (il cui sì al neo sindaco di Roma Gualtieri gli varrà un seggio da deputato tra i democratici), si annuncia l’ennesimo rodeo interno tra le correnti. Obiettivo: sopravvivere almeno fino alla fine della legislatura.

Letta e il Pd. Il vero vincitore è il segretario democratico che adesso avrà mano libera sul partito e le prossime liste elettorali. I risultati della sua linea di alleanza con Conte e Di Maio dimostrano che il Pd può riprendersi i voti che aveva perso a vantaggio dei grillini. Letta ha sfiorato il cappotto vincendo quasi ovunque e può portare a Palazzo Chigi un Pd in salute dopo tanti anni di malattia: forte del risultato, insisterà nel presentarsi come il lord protettore del governo, anche se Draghi difficilmente gli regalerà questa parte in commedia. Piuttosto Letta dovrà affrontare un altro problema: prosciugati i grillini, con chi si alleerà alle prossime politiche per battere il centrodestra? Si apre il problema del «centro» che attualmente conta due nomi: Carlo Calenda e Matteo Renzi, due interlocutori con cui il segretario del Pd proprio non vorrebbe avere nulla a che spartire. Ma dovrà farlo, cominciando a trattare per eleggere un suo candidato al Quirinale.

L’astensionismo. Mai così alto. Tanto consistente da consigliare alla sinistra di non gioire troppo per la vittoria e alla destra di non perdere tutte le speranze. Tantissimi elettori hanno disertato le urne, e chissà come avrebbero votato. Nessuno sa, soprattutto, come potrebbero votare alle politiche del 2023.

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