Alpinismo in lutto, addio a Mario Dotti, protagonista nella storia del Cai di Bergamo

Aveva 78 anni. Nel Cai dal ’62, scalate in Italia e in tutto il mondo. Valoti: «È stato un riferimento per tante generazioni di alpinisti».

«Mario Dotti, detto “’l Róss” per la sua capigliatura, è stato un riferimento per tante generazioni di alpinisti, che apprezzavano di lui quel carattere ostinato nel voler raggiungere un obiettivo ma anche la sensibilità e le doti umane che si trasformavano in amicizia fraterna». È commosso Paolo Valoti, presidente del Cai di Bergamo, nel ricordare la figura di Mario Dotti, scomparso domenica a 78 anni. Alpinista bergamasco, di Scanzorosciate, la sua vita è stata costellata da difficili scalate su ghiacciai e pareti e riconoscimenti: come nel 1975 quando, assieme a Mario Curnis, divenne un «accademico» del Club alpino accademici, una sorta di «ghota» dell’alpinismo italiano. «Anche negli ultimi anni, quando l’attività in montagna era stata sostituita dai racconti e dalle memorie – prosegue Valoti –, lui e Nino Calegari si trovavano tutti i sabato pomeriggio, prima del Covid-19, al Palamonti per raccontare le loro esperienze: era un modo per ricordare, condividere e trasmettere una passione per la montagna che ha caratterizzato tutta la vita di Mario. È stato un maestro di vita, che ha saputo condividere la fatica della sua passione e trasmettere quanto sia importante la determinazione per raggiungere gli obiettivi».

Dotti, che era socio anche del Gruppo alpinistico Presolana, lascia la moglie Giovanna e la figlia Katia: «Un pensiero di vicinanza va a loro, che hanno consentito a Mario di vivere appieno la sua passione, con Giovanna che lo ha spesso accompagnato in montagna: è stata una compagna di vita e di cordata». Dotti partecipò anche alla storica spedizione sull’Himalchuli, vetta dell’Himalaya nepalese, nel 1974 in occasione del centenario di fondazione del Cai di Bergamo.

Con Dotti c’erano «il Baffo» Armando Pezzotta, Rino Farina, Andrea Cattaneo, Nino Calegari, Annibale Bonicelli (Capo spedizione), il «Biont» Mario Carrara, Dario Rota, Antonio Manganoni, Gianni Scarpellini e Attilio Bianchetti. Cresciuto alla palestra naturale della Cornagera, l’anno prossimo avrebbe festeggiato i 60 anni di iscrizione del Cai, nel cui Direttivo entrò a far parte quando aveva soltanto 19 anni. Le sue capacità alpinistiche erano complete, essendo un maestro sia sui ghiacciai sia nelle scalate dolomitiche. Affrontate pressoché tutte le cime italiane – il Bianco, il Rosa, il Cervino, il Bernina per citarne alcune – ha poi scalato anche fuori dall’Europa: in Patagonia, in Nepal, in Turchia. «Tenace e coerente, era dotato di una determinazione particolare – prosegue Valoti –: un carattere forte di fronte agli obiettivi, ma poi sensibile di fronte ai valori etici quali l’amicizia. È stato e resterà un riferimento per tanti escursionisti e alpinisti». Nel dicembre del 2009 divenne «Cittadino benemerito» del Comune di Scanzorosciate per «l’alto valore civile, morale e culturale della sua vita». In quella circostanza l’amico Mario Curnis gli donò un chiodo della scalata che fecero assieme in Patagonia.

I funerali martedì 3 agosto, alle 15, nella parrocchiale di Scanzorosciate, partendo dall’abitazione di via Pietro Nenni 8/A.

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