«Uccise i due figli», mamma di 27 anni arrestata. «Non reggeva il loro pianto». La tragedia di Pedrengo

L’INDAGINE. La donna è in carcere, i piccoli avevano 4 e 2 mesi. La prima morte fu archiviata come naturale: indagine partita dopo la seconda.

La tomba di Alice è una piccola distesa di fiori colorati: sulla lapide è disegnato un angioletto e davanti sono stati appoggiati alcuni peluche a forma di coniglietti e orsetti, due bamboline colorate, un bruco verde, un gattino e una coccinella. Davanti al colombario di Mattia, sopra alcuni vasi di fiori è stata ricavata una mensola, da cui sporgono una macchinina rossa, farfalle, un pinguino, peluche a forma di koala, orsetti e pinguini. E su entrambe le tombe, nel cimitero di Pedrengo, la stessa scritta accanto ai nomi: «Piccolo amore di mamma e papà». Ieri mattina proprio la mamma di questi due neonati è stata arrestata dai carabinieri con l’accusa più terribile che si possa immaginare: averli uccisi entrambi, soffocandoli con il cuscino a meno di un anno di distanza una dall’altro, perché non riusciva a «reggere alla frustrazione del pianto prolungato dei bambini», come ricostruito dagli inquirenti.

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La ricostruzione degli inquirenti

Monia Bortolotti, 27 anni, nata in India, era stata adottata da una coppia di bergamaschi di Gazzaniga quando aveva soltanto un anno: età che lei stessa non ha permesso di raggiungere a nessuno dei suoi due figli. Alice l’avrebbe soffocata quando aveva soltanto quattro mesi, lunedì 15 novembre 2021. Era sola in casa, il marito di 52 anni era al lavoro: chiamò lei stessa il 112 e la morte della piccina venne archiviata come naturale. «Sudden infant death syndrome», scrisse il medico del 118 constatandone il decesso senza rilevare segni esteriori ma solo «abbondante latte» da lui aspirato, nel tentativo di rianimarla, dal tubo endotracheale della bimba. Più comunemente: morte in culla, inaspettata e improvvisa. Rara, ma purtroppo possibile, in particolare – aveva ipotizzato il medico in quella circostanza – nel caso di Alice, nata a sette mesi sottopeso e con un deficit di deglutizione. Alice venne quindi seppellita. Un mese dopo Monia Bortolotti resta di nuovo incinta. Il 27 agosto del 2022 nasce Mattia. Ma non fa in tempo a compiere due mesi: martedì 25 ottobre muore, nelle stesse, identiche circostanze della sorellina che non aveva mai conosciuto. A quel punto, però, è chiaro che ci sia qualcosa di anomalo. I carabinieri della Sezione operativa della Compagnia di Bergamo vogliono vederci chiaro. Vengono sospesi i funerali: la Procura dispone l’autopsia sul corpicino di Mattia, apparentemente anche lui morto per una «morte in culla». Già rarissima, per fortuna, una volta. Figuriamoci due, nella stessa famiglia e a distanza di meno di un anno. L’esito dell’autopsia arriva lo scorso febbraio ed è raggelante: Mattia non è morto per cause naturali, ma per una «asfissia meccanica acuta da compressione del torace». Soffocato, dunque, ma non dal cuscino, bensì «attraverso un’azione volontaria, che evidenziava l’obiettivo di causare la morte del bambino», scrivono i carabinieri.

Il sostituto procuratore Maria Esposito e gli stessi carabinieri vogliono chiarire anche la morte di Alice. La salma viene fatta riesumare e sottoposta a sua volta all’autopsia. Ma l’esame si rivela falsato: un pregresso danneggiamento della bara non aveva consentito una buona conservazione del corpicino di Alice, già in avanzato stato di decomposizione. Questo non ferma però le indagini. Anzi, vengono interrogate decine di persone tra medici, parenti, specialisti e amici della donna e viene analizzata una «corposa documentazione medica acquisita». Emergono gravi indizi di colpevolezza a carico della donna anche per la morte di Alice, in particolare una serie di dichiarazioni discordanti fornite dalla ventisettenne nel corso del tempo e che non avevano trovato corrispondenza con quanto accertato dai carabinieri. Infatti la bambina, sebbene nata di sette mesi e leggermente sottopeso, dimessa dall’ospedale e nelle successive visite pediatriche era risultata sostanzialmente sana, come il fratello: pertanto, secondo gli inquirenti, anche la sua morte era verosimilmente avvenuta non per cause naturali, ma per asfissia, «in modo da non lasciare sul cadavere segni esteriori visibili all’esame esterno, proprio come avvenuto con il fratellino». A marzo di quest’anno Monia Bortolotti viene iscritta nel registro degli indagati per entrambe le morti. A quel punto si contraddice con gli inquirenti e fa riferimento a un cuscino da lei indicato come possibile causa del soffocamento di Alice. Seppure seguita da una psicologa proprio per gestire le difficoltà con i figli, non emergono nella donna disturbi psichici acclarati: per gli inquirenti, quando ha soffocato i due figli, era pienamente capace di intendere e volere ed è poi apparsa «lucida, ben orientata, con grande capacità di linguaggio, razionalizzazione e freddezza, caratteristiche palesate, tra l’altro, nell’organizzazione della propria difesa». Difesa affidata all’avvocato Luca Bosisio, che ieri non ha voluto rilasciare dichiarazioni. Il gip Federica Gaudino, che entro mercoledì la dovrà interrogare in carcere, nella sua ordinanza parla di «spiccata pericolosità sociale» e di «concreto e attuale pericolo di reiterazione del reato». Ieri mattina l’arresto a Gazzaniga, a casa del padre, dove si era trasferita da settembre.

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