Il Papa e la pace, è rimasta soltanto la supplica di umanità

GUERRE NEL MONDO. È rimasta solo la supplica. Mentre l’Ucraina entra nel terzo anno di guerra, mentre la carneficina di Gaza si avvicina ogni giorno che passa ad assumere la forma del genocidio, mentre in Congo, in Sudan e in altre zone dell’Africa la geopolitica dei ricchi impedisce di cogliere i disastri che si stanno consumando, anche Francesco ha finito le parole.

E domenica 25 febbraio all’Angelus si è messo in ginocchio davanti ai potenti di tutto il mondo: «Supplico un po’ di umanità». Si supplica quando ormai non c’è più niente da fare, quando ogni razionalità è stata sbaragliata, quando tutte le maschere sono cadute, quando ogni indizio che permette di valutare la moralità o l’immoralità di un’azione e le sue conseguenze è stato sgominato, anzi annientato.

Nel Messaggio per la Quaresima Bergoglio aveva drammaticamente descritto questi giorni come il tempo del «Faraone» e del suo dominio che ci rende «esausti e insensibili». Il Faraone ruba la vita, calpesta la dignità, impedisce agli uomini di risalire il pozzo di odio e di paura. Il Faraone rende gli uomini spietati. E davanti al Faraone, che oggi sono governi e industrie, finanza speculativa e signori della guerra, davanti alla sua capacità di rendere ogni relazione tra gli uomini un groviglio di miseria, conflitti e violazione dei diritti umani, fame, malattie, catastrofi e genocidi, non resta che la supplica, non resta che chiedere un po’ di umanità.

È la seconda potente parola dell’Angelus di ieri pronunciata da Bergoglio: solo un po’ di umanità… Davanti ad una guerra, che sia a Kiev o a Gaza, a Goma o a Khartum, davanti ad una guerra che macina e consuma non solo armi e soldati, geopolitiche ed economie, ma polverizza anche il concetto stesso di umanitario e di protezione della vulnerabilità dei popoli, è davvero tragico e disperato invocare, anzi supplicare, un po’ di umanità. È il segno che non c’è neppure più una strategia bellica, né politica. Rimane solo la strategia degli affari più sporchi quelli che si fanno con il commercio immondo degli armamenti. Rimane solo il progetto ignobile di porre solide basi per un odio stabile tra i popoli. Nel terzo anno di guerra questo ci insegna la questione ucraina e la questione di Gaza e le tante altre guerre che consapevolmente abbiamo dimenticato.

C’è un equilibrio delle convenienze che mette nelle condizioni di non capire, di non pensare, di non resistere alla deriva che ogni giorno sposta l’orizzonte dell’orrore un po’ più in là. È diventata una bestemmia perfino chiedere il cessate-il-fuoco. Secondo alcuni minerebbe la lotta al terrorismo nel cui nome dalle Torri Gemelle in poi si è decisa la sorte di molti popoli. Francesco invece insiste, arriva alla supplica, perché senza moralità umanitaria sarà del tutto impossibile disegnare qualsivoglia strategia per soluzioni diplomatiche. Sembra quasi chiedere: cosa ci umanizza? Non certo il silenzio indifferente e colpevole di chi di giorno distribuisce un pugno scarso di cibo e di notte una copiosa razione di bombe. Non certo chi permette che il pregiudizio prenda il sopravvento sul dialogo. Non certo chi continua a ritenere la lunga lista di morti e feriti danni collaterali senza nome e volto.

Ieri Bergoglio ha detto praticamente di non riuscire a credere che ci sia qualcuno così pazzo da rischiare di devastare definitivamente il mondo solo per aggiungere un po’ più di potere al suo già ampio e un po’ più soldi ai suoi già parecchi. Ha supplicato dialogo e non armi, diplomazia e non intimidazione, insomma umanità, quella cosa per cui ogni vita ha lo stesso valore, concetto oggi purtroppo sempre più impopolare.

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