Il riarmo tedesco che incombe sull’Europa

MONDO. Settanta anni fa la Germania Ovest di Konrad Adenauer entra nell’Alleanza atlantica con sede allora a Parigi. Erano in 15, allora, adesso con i nuovi ingressi di Finlandia e Svezia sono diventati 32.

Non sono cifre banali se si pensa che tutti i Paesi europei dell’ex blocco sovietico sono passati dalla parte di chi a Mosca era guardato come nemico. Per la Russia una ferita ancora aperta. L’aggressione russa all’Ucraina ha rotto le regole del diritto internazionale e quindi ha segnato un punto di non ritorno. Chi rompe i patti diventa un potenziale pericolo per i vicini. Nei rapporti internazionali l’imprevedibilità provoca insicurezza. È l’insicurezza che genera paura. Il riarmo è la conseguenza. Ecco perché nella Nato tutti festeggiano il ritorno in grande stile della Germania. Una nazione che era entrata nel 1955 in punta di piedi, più che altro spinta dalle potenze occidentali per far fronte all’espansionismo sovietico. Il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier ha riassunto il momento: una Germania male armata è un pericolo per l’Europa. Così di colpo quello che è stato per un secolo intero l’incubo delle potenze europee diventa fonte di speranza. Il cancelliere Olaf Scholz forgia nel 2022 «Zeitenwende» il nuovo conio della Germania ritrovata. Un fondo speciale di 100 miliardi per le spese della difesa dà il segno del cambio di paradigma.

Il riarmo tedesco e il potere economico

Il ministro delle Finanze ancora in carica, il socialdemocratico Jorg Kukies, ha chiesto alla Commissione l’attivazione della clausola di salvaguardia nazionale per il periodo 2025-2028. Si tratta dell’esenzione dai limiti di spesa del Patto di stabilità. Il nuovo governo di Friedrich Merz che entra in carica fra dieci giorni va oltre e prevede spese militari a debito di fatto illimitate. Ed è qui che la dimensione militare diventa fatto economico e politico. Il prepotere che ha caratterizzato la presenza tedesca in Europa nei secoli passati era segnato dalla forza militare tout-court. Adesso assume contorni economici, perché la disponibilità finanziaria della Germania è di molto superiore a quella degli altri Paesi europei. Il disequilibrio che ne discende crea difformità. Non tutti possono investire alla stessa maniera. L’Italia, con un carico di interessi da pagare a servizio del debito di circa 100 miliardi annui, ha spazi di manovra ristretti. Anche la Francia vive questi problemi, ma li compensa con la forza politica. È una potenza nucleare, è tra i vincitori della seconda guerra mondiale, ha un retroterra postcoloniale ed è la nazione che ha forgiato la struttura amministrativa dell’Unione europea a propria immagine e somiglianza. Conta anche se il portafoglio piange. Gli altri Paesi appartengono alla sfera di influenza tedesca nel Nord e nell’Est dell’Europa oppure ondeggiano presi dagli interessi più contingenti del momento.

La posizione stretta dell’Italia

L’Italia è l’unico Stato che potrebbe essere tra i grandi per numeri e tradizione politica, ma fatica e spesso si trova a dover scegliere tra i due corni del dilemma: con i francesi o con i tedeschi. Una posizione stretta che verrebbe mantenuta se alla Germania ora dopo l’egemonia economica venisse concesso anche un riarmo senza controlli. Nel contratto di governo è scritto che l’esercito tedesco deve diventare nel quadro delle alleanze un modello di riferimento. Così come a suo tempo l’economia è stata il modello al quale l’Europa doveva uniformarsi. Questa idea di fare non per servire, ma per essere i migliori e poi indurre gli altri a seguire permea il carattere tedesco. E la politica si adegua. Gli americani sembrano distaccarsi dalla Nato e la Germania punta a prenderne il posto in Europa. Sull’onda dell’emergenza anti-Putin si crea al centro d’Europa una potenza militare. È tempo che i governi se ne accorgano.

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