Sicurezza sul lavoro, nel 2023 i morti sono già raddoppiati

L’ALLARME. Da gennaio a maggio 11 le vittime, erano 6 nello stesso periodo del 2022. Il totale degli infortuni calato del 3,23%, meno della media lombarda.

Nei primi cinque mesi dell’anno il totale degli infortuni sul lavoro in Bergamasca è calato del 3,23% rispetto allo stesso periodo del 2022 (da 6.062 a 5.866), e anche del 2,95% rispetto al 2019 (quando erano stati 6.044). Scavando nei numeri, però, emerge un doppio allarme: il calo bergamasco è decisamente più basso rispetto alla media regionale, perché nell’intera Lombardia gli infortuni sono calati del 24,4% rispetto al 2022 e del 7,86% rispetto al 2019. Ma soprattutto, ad aumentare sono gli infortuni con esito mortale: da gennaio a maggio la bergamasca ha contato 11 morti sul lavoro, contro i 6 dello stesso periodo del 2022 e i 7 di gennaio-maggio 2019.

Più sensibilizzazione

«C’è stato un ritorno a tipologie d’infortunio che sembravano superate, come se si fosse fatto un passo indietro – ragiona Giampaolo Maccarini, presidente dell’Anmil Bergamo, l’Associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro –. Stiamo intensificando la sensibilizzazione nelle aziende, parlando sia con le dirigenze sia con i lavoratori. Per il lavoro non si può e non si deve morire. È fondamentale anche la formazione nelle scuole, perché i giovani sono i lavoratori del futuro, e sollecitiamo anche la politica. Le regole in teoria ci sono, il vero tema è la loro applicazione». Applicazione delle norme e prevenzione sono temi strettamente connessi, e in questa riflessione entra in gioco anche il ruolo dei controlli. «Purtroppo dobbiamo ancora evidenziare che quanto viene fatto in materia di controlli, prevenzione e formazione non basta – rimarca Danilo Mazzola, della segreteria provinciale della Cisl Bergamo –. Tutti dobbiamo fare di più, con particolare attenzione ai settori più esposti come l’edilizia e i trasporti

Pressione lavorativa

Di «situazione tragica» rispetto all’aumento degli infortuni mortali parla Angelo Chiari, della segreteria provinciale della Cgil Bergamo: «La nostra provincia fa i conti con una situazione di forte pressione lavorativa. La richiesta di crescita nella produttività e la mancanza di personale portano all’aumento delle ore di straordinario per i lavoratori: e poiché i salari spesso sono bassi, lavorare più ore è l’unico modo per avere stipendi più alti. Ma tutto ciò porta a stress, aggravamento delle condizioni di lavoro, maggiore esposizione al rischio – ragiona il sindacalista –. I dati regionali indicano una situazione di particolare rischio nei settori della logistica e della movimentazione di carichi e merci».

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