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Venerdì 24 Ottobre 2025
Goggia, pensiero gigante. «La pressione un privilegio»
L’INTERVISTA. Sofia alla vigilia della prima gara a Soelden: «Se la senti vuol dire che sei forte. Sto benissimo e punto al podio tra le porte larghe. Le Olimpiadi? Non farò correre la testa».
«La pressione è un privilegio: se la senti, significa che sei forte». Sofia Goggia verso l’alba di una nuova stagione, quella che porta all’Olimpiade di Milano-Cortina 2026, cita il ct della Nazionale maschile di volley Julio Velasco. E ribalta il paradigma: «Sono italiana e mi posso giocare questa enorme chance in un luogo che amo, su una pista che amo e facendomi trascinare, insieme ai compagni e le compagne, dal pubblico italiano».
Essere fuoriclasse significa anche saper comunicare. Un verbo che per SuperSofi, in tutto e per tutto, fa rima con «sciare». Vale a dire due situazioni che sa interpretare magistralmente. La 32enne bergamasca si prepara alla presenza numero 205 in una Coppa del Mondo in cui ha esordito nel gigante di Lienz il 28 dicembre 2011. Sabato 25 ottobre ancora Austria, ma a Soelden (nono gettone; quinta nel 2016 come miglior risultato), sul ghiacciaio del Rettenbach arriva quasi 14 anni dopo, con 62 podi di cui 26 vittorie ( a -10 da Brignone, primatista azzurra).
Sofia, il cancelletto è finalmente pronto ad aprirsi. Sensazioni?
«Molto buone. Già lo scorso anno ho trovato tanta solidità nella mia sciata. Adesso parto da una base fisica differente dopo aver svolto un ottimo lavoro sia in estate ,sia in Sudamerica curando molto la parte tecnica a Ushuaia in Argentina e la parte di velocità a La Parva in Cile».
Quest’anno presenza fissa tra le porte larghe.
«Nell’ultima stagione ho utilizzato il gigante in maniera propedeutica alla velocità. Ora tratto la disciplina allo stesso livello di libera e superG. L’ho volutamente preparata allo stesso modo e sarò al via in tutte le gare».
Riavvolgendo il nastro al 2024/25?
«In superG è stata la mia miglior annata, in discesa sono andata forte forte pur con un pizzico di discontinuità e ho avuto degli ottimi sprazzi in gigante. Adesso cerco la costanza, il più possibile. Vediamo di raggiungerla e mantenerla alta in questi cinque mesi».
Sempre guardando alle spalle. Qualche centesimo è rimasto indigesto?
«Fa parte del gioco. A volte il cronometro è a favore, a volte no. Essere arrivata due volte a un solo centesimo da una Brignone pazzesca (a Garmisch in discesa e a La Thuile in superG, ndr) vuol dire aver sciato sui livelli della vincitrice dell’ultima Coppa del Mondo che ha mostrato una forma strepitosa dall’inizio alla fine».
Il Rettenbach è comunque un discorso particolare?
«Sì, perché arriva a fine ottobre ed è un po’ staccato dal resto di un calendario che, per me , andrà a infittirsi tra un mesetto (dal 29 novembre con un altro gigante; nel mezzo gli slalom di Levi e Gurgl, ndr). Inoltre quel muro è una lotta, non si tratta della classica prova bella da sciare. A maggior ragione perciò non scalfirà, a prescindere, la consapevolezza di ciò su cui ci siamo focalizzati il mio staff e io in questi mesi. Se andrà bene sarò felice, in caso contrario nessun problema».
Il podio in gigante è un obiettivo?
«Esattamente. L’ho sfiorato più volte nella scorsa stagione, ma non ci salgo dal 6 gennaio 2018 a Kranjska Gora».
A proposito, i cinque cerchi?
«La priorità è restare sul pezzo giorno dopo giorno per arrivare a febbraio al top, magari anche facendo delle valutazioni tappa per tappa. Conta rimanere concentrati, senza che la testa corra al grande evento».
E sarà anche la più attesa.
«Se non ci penso, non sento tutto ciò. Se Federica Brignone fosse già al 100% avremmo già cominciato a dividerci quello che comporta il tutto e ci staremmo dando man forte l’un l’altra. Adesso possiamo solo augurarci di poterlo fare. Aspettare e sperare che lei torni presto sulla neve. È in mano ai migliori specialisti, sta facendo il suo percorso».
Il Tricolore?
«Lo tengo sempre nello zaino. La foto di gruppo unita al cantare tutti insieme l’inno di Mameli resta il momento più emozionante in assoluto».
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